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Nonostante la battuta d'arresto subita dalla pandemia, il turismo resta uno dei settori più interessanti per registrare i cambiamenti in corso in termini di cultura del lavoro, diversità e inclusione. Un viaggio tra le impressioni di protagoniste ed esperte

Nell'industria
delle vacanze

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Foto: Unsplash/Jorge Saavedra

Esattamente un anno fa raccontavamo le conseguenze della crisi delle imprese femminili nel turismo. Un quadro da tenere d’occhio, se si pensa che, stando alle stime dell'Istituto nazionale ricerche turistiche (Isnart) e Unioncamere, le donne impiegate nel turismo nel mondo sono quasi 150 milioni. In Italia il turismo vale quasi il 6% del totale dell'economia – le addette sono il 54%, ma distribuite tra 80% alle pulizie e 18 al management – il peso dell’imprenditoria femminile nel turismo si è attestato al 27% dopo la crisi, e nell’attività ricettiva una su 3 è un’impresa femminile, oggi ancora a rischio chiusura per costi e prezzi cresciuti dal 5 al 104% a seconda del comparto.

Che cosa è successo da allora? Di certo si è ampliato il dibattito su donne e lavoro. Le imprenditrici da tutto il mondo sono intervenute alle conferenze su clima e turismo organizzate da Equality in Tourism (EiT) e dal Programma delle Nazioni Unite per l'ambiente (Unep). L’Organizzazione mondiale del turismo ha avviato una serie di progetti specifici con linee guida per chi lavora con le donne. Il Parlamento europeo ha varato un ricco rapporto sul turismo pensato anche contro le disuguaglianze. In Italia, con la legge 162 del 2021, è stata istituita la certificazione della parità di genere, e uguaglianza e inclusione sono sempre più il tema di corsi e conferenze in scuole e uffici.

La prima novità riguarda i dati disaggregati per genere: tra il 2021-22, qualcuno ha dato voce alle donne. Ha cominciato l’International sustainable tourism organisation (Isto), con un rapporto dedicato ai suoi quasi 200 associati nel mondo, quasi tutti interessati a “come essere inclusivi e giusti”. A casa nostra ci hanno pensato l'Istituto nazionale ricerche turistiche e Unioncamere, secondo cui il numero delle imprese turistiche al femminile ha registrato una drastica diminuzione a causa della pandemia (-34% di imprese iscritte nel 2020 rispetto al 2019), ma c'è stata una crescita delle imprese a capitale femminile rispetto a quelle individuali, e più ragazze in nuove attività nel turismo (12,5% rispetto al 9,6% dei maschi).

Sono molte, poi, le nuove imprese nate per iniziative di donne e che si rivolgono alle donne: compagnie di viaggio, accomodation e servizi di trasporto dedicati a una clientela solo femminile, che rappresenterà nel prossimo futuro un'ottima opportunità di mercato.

Ed è qui che entrano in scena le viaggiatrici, una gran fetta di mercato che le addette e gli addetti dovranno tenere d’occhio con proposte su misura. Le donne che viaggiano hanno una media di 45 anni, le giovanissime compiono più esperienze diverse, comprano locale, vogliono sicurezza, partono per trasformarsi, conoscere, sempre più da sole, ispirate, indipendenti.

Per sbrogliare la matassa e capire come sta cambiando la vita e il lavoro delle donne nel turismo, ne abbiamo parlato con direttamente con alcune protagoniste ed esperte del settore, che hanno risposto alle nostre domande.

Il futuro del turismo in Europa

Il Parlamento europeo ha recentemente lanciato alcune linee guida per migliorare il turismo come settore, in che modo queste indicazioni vorrebbero favorire la parità di genere? Valentina Superti, che dirige la Direzione Generale della Commissione europea per mercato, industria, imprenditoria, piccole e medie imprese e turismo, ce lo ha spiegato così: "Nell'Unione europea non esiste uno standard della parità di genere per le imprese, ma abbiamo la Commissione von der Leyen per l’uguaglianza entro il 2025, che si applica direttamente alle imprese di tutti i 14 ecosistemi industriali dell'Ue, compreso il turismo".

Per quanto riguarda le donne imprenditrici, continua Superti "la Commissione dispone di diversi strumenti per sostenerle. In particolare con sostegno alle imprese, finanziamenti mirati, sviluppo delle competenze, riqualificazione. Un patto per il turismo esiste già, e poco alla volta tutti gli ecosistemi industriali avranno un patto settoriale. Un punto chiave è l'accesso ai finanziamenti, per cui il programma InvestEU fornisce incentivi a fondi di investimento diversificati e guidati da donne, in modo che possano reinvestire e sensibilizzare sul divario di genere negi investimenti".

Famiglie, viaggatrici sole, persone con diversi orientamenti spirituali o sessuali: il turismo in Europa si prepara a cambiare l'offerta

"Il percorso di transizione per il turismo tiene conto di equità e uguaglianza nei posti di lavoro nel turismo" dice Misa Labarile, tourism officer presso la Commissione europea. "E poi del miglioramento dell'offerta, della visibilità di servizi turistici accessibili, considerando diversi tipi di clientela, quali famiglie o viaggatrici sole, o persone con diversi orientamenti spirituali o sessuali. Abbiamo mappato azioni che si possono fare concretamente pensando all’upskilling dei gruppi svantaggiati. In vista dell’attuazione del percorso, condivisa con gli attori sul territorio, è stato lanciato un invito a presentare impegni da parte delle parti interessate alla transizione verde, digitale e inclusiva del turismo. Il primo gruppo di impegni – azioni già in corso sul territorio – è stato pubblicato all'inizio di luglio 2022 e alcuni di essi fanno riferimento alla parità di genere".

Tra poco ci sarà poi il primo forum dell'Istituto europeo per la gender equality (Eige) sull'uguaglianza di genere, che si terrà a Bruxelles e online il 24 e il 25 ottobre 2022, con l'obiettivo di costruire un'economia nelle diversità. In questo senso, raccomanda Superti "qualsiasi azione perseguita da qualsiasi parte interessata, che sia in linea con le nostre priorità, avrebbe diritto a essere resa visibile attraverso questa iniziativa, e siamo interessati a ricevere il maggior numero possibile di indicazioni affinché questo avvenga".

L'Italia del 'Tourism digital hub'

E nel nostro paese, come saranno utilizzati i 114 milioni del cosiddetto Tourism digital hub, o quelli del progetto Montagna Italia, o destinati alla rigenerazione culturale dei borghi o del patrimonio ricettivo di cui si parla nel piano nazionale di ripresa? Certamente leggere i progetti d’investimento del Ministero del turismo è una boccata d’ossigeno, e il cosiddetto piano 'Turismo 4.0' potrebbe essere una fonte utile di incentivi per l’occupazione femminile. Eppure, di donne non si parla. Il motivo ce lo spiega Martina Rosato, dirigente della Direzione Valorizzazione e promozione dello stesso ministero. 

"Stiamo seguendo il percorso tracciato dal Parlamento europeo, che ci dice che dobbiamo investire su giovani e donne, secondo i settori digital e green oggetto di rilancio" dice Rosato. "Pensiamo che espandendo la domanda si moltiplichino e si qualifichino soprattutto il lavoro dipendente e le piccole imprese, ancor più se femminili. Il Tourism digital hub si rivolge ai turisti e studia offerte su misura sui loro interessi, ma questo indirettamente stimola le attività destagionalizzate, con il risultato di creare occupazione. Mentre l’Innovation network si pone l’obiettivo di far interagire grandi piattaforme con piccole realtà, sostenendo startup innovative, per stimolare le attività dal basso".

Inoltre, continua Rosato "stiamo per lanciare un progetto, Montagna Italia, con trekking, enogastronomia, rinnovamento di infrastrutture, mettendo in moto le competenze. In futuro, l’obiettivo sarà aiutare le piccole strutture a restare nel mercato gestendo gli strumenti tecnologici. Comunque, studiamo ogni proposta per utilizzare i fondi del piano di ripresa in sinergia e complementarietà con tutte le fonti di finanziamento disponibili, fornendo competenze e strumenti con attenzione alla qualità e ai risultati, anche per fare formazione e per fare rete".

Fare rete, certificare, formare

Se fare rete significa non frammentare, chi è abituato a studiare l’economia del turismo, come Mara Manente, vede ombre e luci in questo processo. "In questo momento, anche le imprenditrici stanno ripartendo con ulteriori aggravanti di prezzi, costi, difficoltà a sostenere la propria impresa. Prima di tutto, è il momento di portare nuove modalità verso reti locali, giovani, donne, sostenibilità. Il turismo è per definizione 'glocal', ogni intervento dall’alto deve essere messo a sistema, evitando il rischio di frammentarietà nei territori".

Portare la cultura della parità e dell’inclusione alza il rendimento e la soddisfazione delle imprese

Ora che il decreto legge 162 pubblicato il 1 luglio fissa i parametri minimi per la certificazione della parità di genere alle imprese, sarà interessante vedere se ci sarà un maggiore interesse anche per la formazione su disuguaglianze e diversità. Se la certificazione dà una marcia in più, portare la cultura della parità e dell’inclusione alza il rendimento e la soddisfazione delle imprese. Lo sanno bene le esperte e gli esperti della formazione e della consulenza aziendale, come la Fondazione Giacomo Brodolini, che cura da oltre dieci anni il Master in gender equality e diversity management, collaborando imprese e associazioni attive in Italia e nel mondo.

Ma anche chi non ha bisogno di accedere a fondi o appalti, dovrà comunque adattarsi sempre di più alla cultura dell’uguaglianza e dell'inclusione. E di certo, sarà interessante applicare al turismo le linee guida per aiutare le imprese ad essere più paritarie e inclusive. È quanto abbiamo provato a fare in un corso pilota con il Gruppo Strazzeri, punto di riferimento per la consulenza e formazione su sostenibilità, compliance, anticorruzione. Il corso, rivolto a manager, auditor e lead auditor, compende nella didattica tutti i dettagli sul panorama normativo europeo, e usa il turismo come esempio per calarsi nel concreto di prassi di riferimento e indicatori di performance.

Sono diversi i criteri per giudicare un progetto? Come controllare che gli indicatori valutino i giusti risultati? E quali sono gli stereotipi ancora da aggirare? Abbiamo chiesto cosa cambierà con le norme per la certificazione e la valutazione di genere a chi se ne occupa da sempre. “Da noi, dopo la stesura di un gender equality plan e la nomina di un gender equality officer, si lavora meglio e ci si diverte persino con la caccia agli stereotipi” dice Alessia Sebillo, della cooperativa Diesis di Bruxelles, specializzata in economia e turismo sostenibile, con una particolare attenzione all'innovazione sociale. 

Ed è soddisfatta Roberta Bortolucci, da anni consulente per la parità nelle aziende, perché "l'obbligo europeo di avere un gender equality plan è già un cambiamento epocale che incide sulle procedure, ma ora le aziende dovranno fare più del classico report di dati". Come ci ha detto Sila Mochi, fondatrice di Inclusione Donna: “la prassi di riferimento accolta dal governo per la certificazione di genere serve per avviare quel cambiamento culturale all’interno della società civile fatta da persone che lavorano”. Ma, aggiunge Elena Mocchio, responsabile innovazione dell'Ente italiano di normazione Uni che ha stilato i criteri per la certificazione di genere: “Gli indicatori devono diventare obiettivi aziendali, non perché c’è la certificazione”. 

Verso un turismo queer e comunitario

"Si fa fatica a far diventare realtà il cambio che ci vuole sul genere" commenta Marina Lalli, Presidente Federturismo Confindustria, dopo la presentazione del Manifesto del turismo LGBTQ+. "Forse alcune misure stanno dando risultati e con questo aumenta anche l’autostima delle donne. Io sono contenta che abbiamo messo insieme le specialiste per le disuguaglianze di genere”.

Intanto, Confcooperative Cultura Turismo e Sport, con una componente femminile vicina al 40%, hanno incominciato a camminare con imprese e comunità. “Si fa turismo comunitario a piedi con il progetto Cooperazione in cammino" spiega la presidente, Irene Bongiovanni.

"Oppure ci si impegna con il Turismo per tutti, un progetto che fa rete tra città diverse per scambiare accessibilità e inclusione tra chi ha disabilità motorie e mentali" continua Bongiovanni. "E poi ancora Viviamo cultura, progetto per la gestione e la valorizzazione del patrimonio di beni culturali di proprietà della pubblica amministrazione (al 60% non utilizzati)".

 

Sostenibilità ambientale, innovazione sociale, nuove leadership sono le parole chiave per la transizione a un turismo inclusivo

Due esempi per tutte? In Sicilia Korai sta guidando la nascita di progetti dal basso come il cammino di Santa Rosalia animando i territori, tra privato ed enti pubblici. In Sardegna Gea Ambiente e Turismo ha fatto del turismo ambientale il proprio core, tra rovine sottomarine, canoa negli stagni e passeggiate al tramonto. Tutti organizzati in gran parte da donne che sanno mettere al centro le persone e la crescita sostenibile.

Anche Treviso sta provando a diventare un esempio di buone pratiche di diversity e inclusion. L'assessore alle Pari Opportunità, Gloria Tessarolo, pensa ad una città che dia più opportunità e meno precariato, anche nel settore del turismo. Da qui è nato un tavolo da cui sono partite proposte per rendere la città "amica delle donne che la abitano e che la visitano".

Come racconta Francesca Neroni di Progetto Donne Veneto, organizzatrice del Festival Treviso città delle donne: “Vogliamo lavorare sulla cultura e il sociale, creare un approccio per sviluppare il concetto di equità di genere, fare formazione trasversale per chi costruisce pacchetti di servizi turistici, progettare percorsi e luoghi pensati al femminile, offrire servizi specifici per le turiste, come le guide amiche, promuovere la carta turismo, creare una linea di trasporto dall’aeroporto e azioni che favoriscano la sicurezza in strada, sostenere una scontistica per alcuni acquisti/servizi. Riportare le scuole in città”.

Nuovi modelli di leadership e giovani innovatrici

Direttamente dalla nuvola da cui ci dominano le giovani digitali, abbiamo captato alcune tendenze. Le prime ce le racconta Karin Venneri, innovatrice e fondatrice del portale delle start up del turismo. 

"In controtendenza con quello che si calcola normalmente" racconta Venneri "solo il 18% delle donne lavorano nelle startup. Comunque, sono poche ai posti di comando e risentono della mancanza di welfare aziendale e territoriale. Quindi anche qui c’è un tema di genere, che esula dal turismo e ci porta al bisogno di promozione di una cultura della condivisione del lavoro. Secondo punto, il modello di leadership non maschile: il turismo potrebbe essere il settore perfetto per applicare il diverso modo di gestione femminile. Lo smart working ha permesso un lavoro agile, per cui il Covid ha imposto una rapida accelerazione con gli strumenti artificiali, i vari settori del turismo sono stati obbligati a mettere le mani sul digitale, e spesso le donne che hanno meno dimestichezza con le materie STEM sono rimaste ferme. Su questo devono lavorare i policy maker".

"Ci sono ancora organizzazioni sessiste nel turismo" commenta Serena Uberti, general manager Southern Europe di Belvilla by OYO, tra i principali gruppi alberghieri ed extra-alberghieri a livello globale. “Ma non nei nuovi modelli di business, dove siamo tutti giovani e contano le competenze. Le donne di certo sono le migliori nell’organizzare l'accoglienza, ma al di là degli stereotipi. Lavoro con un team all’80% femminile e ho imparato a fare squadra, a includere sempre tutti, la flessibilità, a considerarmi portatrice di valori, a provare anche a costo di sbagliare. Nell'ambiente di lavoro ho introdotto condizioni agili, meritocrazia, far passare i valori delle ragazze senza paura di essere discriminate, facciamo seminari sul benessere, sull’approccio olistico". Una speranza in più per un turismo inclusivo non troppo lontano?

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