Politiche

Negli ultimi tre anni le regioni in Italia hanno attivato più di 60 bandi per la conciliazione tra tempi di vita e di lavoro, impegnando circa 260 milioni di euro del Fondo Sociale Europeo. Vediamo a quali progetti sono stati destinati questi fondi e cosa resta ancora da fare

Conciliare vita e lavoro,
l'impegno delle regioni

6 min lettura
Foto: Unsplash/ Mike Kononov

La difficoltà di conciliare tempi di vita e tempi di lavoro è un problema di tutti: donne e uomini. Ed è un problema che attraversa tutto il corso della vita, pesando prevalentemente sulle donne – siano esse mamme, figlie, nuore, nipoti – condizione che si traduce ancora troppo spesso nella rinuncia al lavoro o alla carriera.

Tra le motivazioni più frequenti: l’assenza di parenti di supporto, il mancato accoglimento al nido, costi troppo elevati per delegare l'assistenza dei neonati a nidi privati o baby-sitter. Nonostante gli indubbi progressi sul piano della condivisione dei carichi di cura all’interno della famiglia, continua dunque a persistere un marcato divario di genere nella loro distribuzione molto penalizzante per le donne; un divario che insieme alla carenza dei servizi sociali, soprattutto nel Mezzogiorno, e a un insufficiente sostegno alla maternità e paternità, condiziona pesantemente l’accesso, la permanenza e la progressione delle carriere delle donne all’interno del mercato del lavoro in Italia. Ricordiamo che in Italia solo un bambino su quattro tra gli zero e i due anni è affidato alle cure di servizi formali di assistenza all’infanzia.

Ecco perché il tema della conciliazione dei tempi di vita e di lavoro è centrale per qualsiasi politica attiva del lavoro. Per le persone in cerca di lavoro/inattive, è evidente che la disponibilità di tempo per rafforzare le proprie competenze, per fare esperienze on the job, per costruire personali strategie di accesso al mercato del lavoro, sia fondamentale per uscire dalla condizione di disoccupazione. Per le persone occupate, la rilevanza è tutta nella capacità di coniugare i tempi di vita e di lavoro affinché siano ridotte al minimo le ripercussioni sulla vita privata e lavorativa.

Nell’ambito della programmazione regionale a valere sul Fondo Sociale Europeo, è stata pienamente accolta la consapevolezza del valore cruciale delle politiche di conciliazione.

La maggior parte degli interventi viene programmato proprio nell’ottica di una rimozione degli ostacoli per la partecipazione attiva della componente femminile al mercato del lavoro: da una parte mediante il potenziamento dei servizi di cura e dall’altro attraverso sistemi innovativi di welfare aziendale.

Complessivamente le Regioni negli ultimi tre anni, hanno attivato più di 60 bandi/avvisi specifici per la conciliazione tra vita professionale e privata impegnando circa 260 milioni di euro, prioritariamente per finanziare i servizi di cura per l’infanzia e adolescenza.

 

*dati non ufficiali, ricognizione interna - dicembre 2018

Un’offerta estesa di servizi socio educativi di qualità per l’infanzia è infatti il volano fondamentale non solo per garantire le esigenze di apprendimento e di socializzazione dei bambini e per prevenire lo svantaggio sociale, ma anche il fulcro fondamentale di ogni politica di conciliazione che trova in questa misura pubblica una risposta efficace.

Il Fondo Sociale Europeo finanzia esperienze significative di potenziamento e qualificazione dei servizi educativi in un’ottica di integrazione tra pubblico e privato, acquistando i posti bambino nel privato quando l’offerta pubblica non riesce ad accogliere tutti i bambini, differenziando le tipologie (spazi gioco, centri per bambini e famiglie, nidi domiciliari) e promuovendo l’estensione e flessibilità dell’orario; ma anche intervenendo sulla domanda, incentivando l’accesso delle famiglie con buoni servizio.

Da solo tuttavia il welfare pubblico non è sufficiente: è necessario colmare progressivamente l’arretratezza che l’Italia sconta sul piano dell’organizzazione del lavoro e del welfare aziendale.

L’avviso Welfare e work life balance nella vita quotidiana delle aziende, delle lavoratrici, dei lavoratori e delle loro famiglie ad esempio, con un sistema di incentivi alle aziende, incoraggia la realizzazione di piani di innovazione organizzativa del lavoro (gestione flessibile di orari e organizzazione del lavoro: banca delle ore, part time, lavoro a domicilio o sperimentazione del telelavoro), l’attuazione di interventi di welfare aziendale (buoni acquisto e convezioni per le cure parentali, interventi e servizi per il tempo libero) e l’introduzione di misure di supporto alla maternità che prevedono l’assunzione di sostituti per le dipendenti in maternità e finanziamenti di piani di formazione per la conservazione delle competenze delle donne al loro rientro dalla maternità.

Per contrastare l’abbandono del lavoro che – ricordiamo  riguarda il 30% delle madri italiane, il bando RI.ENT.R.O., sperimenta una forma diretta di incentivazione una tantum sia alle lavoratrici dipendenti del settore privato che a quelle autonome e imprenditrici, per premiare il loro rientro dopo la maternità, qualora il padre lavoratore dipendente del settore privato fruisca del congedo parentale. Sicuramente un modo per incentivare la condivisione delle responsabilità di cura familiare tra i genitori, incoraggiando i papà a fruire maggiormente del congedo parentale.

Molte Regioni, con le risorse del Fondo Sociale Europeo hanno inoltre sperimentato la realizzazione di accordi territoriali di genere e reti che, intesi come uno strumento innovativo, puntano a realizzare servizi per la conciliazione attraverso le sinergie operative tra soggetti pubblici e privati, con partnership che in alcuni casi hanno dato vita a modelli innovativi di welfare. Il processo infatti innesca meccanismi sociali virtuosi, in cui istituzioni, società civile e imprese, grazie a nuove visioni di contesto, divengono promotori ed attuatori di risposte concrete ed efficaci alle richieste del territorio.

I progetti realizzati nell’ambito delle reti comprendono differenti linee di intervento complementari: non solo gli accordi aziendali per la gestione flessibile delle modalità lavorative e l’erogazione di buoni per l’accesso ai servizi di cura, come nel caso del Progetto Concilia-Sapri e del Progetto Doppia W (Women-Work), ma anche l’erogazione di buoni servizio per la gestione di commissioni domestiche (pagamenti bollette, pulizie domestiche, prenotazioni e ritiro esami, ecc.) come nell’ambito del progetto di rete Per il Tuo Tempo.

In questa stessa ottica di sperimentazione e implementazione di “rete” prende vita anche il progetto EQW&L[1] coordinato dall'Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro (ANPAL) che, nato nell'ambito del finanziamento EaSI-PROGRESS e con il ricco partenariato sia nazionale che europeo, intende creare un nuovo modello d’intervento ed un kit di strumenti che facilitino l’accesso al mercato del lavoro, promuovendo inoltre una più attiva partecipazione degli uomini (anche grazie al supporto di Reform, associazione dei padri norvegesi e di Iweo, coordinamento spagnolo di un network di 120 imprese che implementano strategie di conciliazione).

Risulta evidente che negli ultimi anni le Regioni hanno iniziato a diversificare le tipologie di intervento per favorire la conciliazione tra vita privata e vita lavorativa, sebbene l’attenzione ai servizi di cura per l’infanzia resti in assoluto il settore più finanziato. Partendo dal presupposto che il tema della conciliazione oggi esprime una complessità di bisogni non solo legati alla genitorialità ma a tutti gli aspetti della vita privata, la sfida per il prossimo futuro richiederà un cambiamento culturale importante. Sarà dunque fondamentale un approccio globale e innovativo che sposti il focus verso una visione integrata del welfare, modificando complessivamente il sistema organizzativo del lavoro, e che – incoraggiando una collaborazione tra il sistema pubblico e il privato – permetta di migliorare in generale il livello della qualità della vita, di favorire l’incremento dell’occupazione (non solo femminile) e di rispondere concretamente alle necessità e ai bisogni espressi.

Note 

[1] Partner del progetto EQW&L coordinato da ANPAL: Fondazione Giacomo Brodolini - FGB, Gruppo Cooperativo Gino Mattarelli – CGM, Work Life Hub – WLB HUB, Istituto Spagnolo per le Donne e le Pari Opportunità - IWEO, Centro Risorse per gli Uomini - REFORM, Unione Italiana del Lavoro - UIL. Associati: Dipartimento per le Pari Opportunità – DPO, Centro Europeo delle Imprese – CEEP, Regione Campania, Regione Toscana, Regione Piemonte, Provincia Autonoma di Trento, Confederazione Generale Italiana del Lavoro – CGIL, Confederazione Italiana Sindacati Lavoratori – CISL, Confederazione Europea dei Sindacati – ETUC, Is tituto Nazionale di Previdenza Sociale- INPS