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Cantieri e ristrutturazioni sono al cuore della transizione energetica e dell'edilizia del futuro, eppure in Italia le donne sono ancora quasi del tutto assenti nel comparto delle costruzioni. Un'economista spiega perché e che cosa ci stiamo perdendo, dati alla mano

Fuori dai
cantieri

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Fabbricando case
Credits Unsplash/Ben Wicks

Dopo l’arresto dei lavori dei cantieri imposto dalla pandemia da Covid-19, le attività di costruzione sono ripartite a passo spedito nel nostro paese anche su sollecitazione di alcune politiche importanti – come quella indotta dal Superbonus 110%, la misura di incentivazione edilizia introdotta dal governo Conte per migliorare l'efficienza energetica degli edifici, e dal Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr). 

I cantieri hanno così ripopolato i nostri territori, e rappresentano un elemento fondamentale della ripresa economica ancora in atto. Quanto di questa ripresa ha interessato le donne, migliorandone l’occupazione? E, più in generale, in che misura le donne fanno parte del mondo delle costruzioni? Che ruolo ha o potrà avere la componente femminile nel prossimo futuro, in vista degli importanti processi innovativi che interesseranno il settore?

La visione quotidiana dei cantieri restituisce un’immagine maschile di questa attività; ad esempio, è pressoché impossibile vedere donne impegnate nei lavori di muratura oppure nelle attività artigianali che richiedono competenze specifiche legate al mondo delle costruzioni. Perché?

Viene spontaneo rispondere che questo è dovuto a un ostacolo di natura biologica: le donne hanno meno forza, e quindi non sono interessate al lavoro di cantiere. 

Tuttavia, una rapida occhiata nel resto del mondo segnala la falsità di quest'ipotesi: ad esempio, le donne popolano i cantieri in India, e il lavoro in questo settore consente loro di acquisire un’autonomia economica che spesso le aiuta a uscire da situazioni di abuso domestico. 

In Cile, la presenza femminile nei cantieri è in crescita, al punto che è stata emanata una legge che vieta, al loro interno, di fare commenti sulle donne – gli stessi che nel nostro paese l’universo maschile chiamava un tempo "complimenti", arrogandosi il diritto di importunare qualsiasi donna passasse per strada o in altri luoghi. 

In Cina è stato programmato di portare l’occupazione femminile nelle costruzioni al 30%, perché ci si aspetta che il calo demografico dovuto alla politica del figlio unico produca una carenza di offerta di persone impiegate nel settore delle costruzioni nei prossimi anni. Sollecitazioni in questa direzione e per ragioni analoghe emergono in tutti i paesi sviluppati: Stati Uniti, Canada, Australia e ovviamente negli stati più avanzati dell'Unione europea.

Inoltre, non è insolito l'incentivo al maggior impiego delle donne nei cantieri per migliorare l’ambiente di lavoro, sia per le diverse competenze che possono portare, sia per correggere la prevalenza nei cantieri di una cultura machista, che non di rado crea uno stato di disagio tra gli stessi uomini. 

Viene infatti segnalato il rischio di abuso di alcool nei tempi di riposo (in Cile, ad esempio) fino ad arrivare a una diffusione preoccupante di suicidi delle persone addette ai cantieri – come nel caso dell’Australia, dove le morti per suicidio superano quelle già drammatiche per incidenti sul lavoro. 

In sostanza, di fronte alla necessità posta dall’espansione dei cantieri, la minore forza fisica delle donne non sembra più costituire un ostacolo al loro impiego. Specie se si pensa alle innovazioni che si stanno profilando in questa attività – dai droni all’automazione specialistica, in crescita soprattutto in alcune fasi del processo produttivo di imprese fortemente specializzate. 

Dal canto loro, cosa vogliono fare le donne? Hanno interesse a essere occupate nelle costruzioni?

Le informazioni e i dati disponibili sull’occupazione femminile nelle costruzioni sono quanto mai lacunosi, spesso non aggiornati e non infrequentemente contraddittori tra le diverse fonti. Questo rende difficile quantificare la presenza delle donne nel settore, sia in Italia che nel resto dell'Ue. 

Secondo un recente studio, nel 2022 la presenza femminile nelle costruzioni era pari a circa il 12% del totale delle persone occupate nel settore, con un lieve incremento nell’arco degli ultimi dieci anni, e con differenze significative tra i diversi paesi dell’Unione europea. 

Più nello specifico, i paesi continentali (Austria, Germania, Olanda, Lussemburgo, Belgio), settentrionali (Svezia) e la Francia hanno una presenza più elevata di donne nel comparto; a questi si aggiungono pochi paesi dell'Europa del sud (Portogallo) e dell’est (Slovenia).

Lo studio segnala inoltre la presenza molto limitata di donne nei lavori specializzati di tipo artigianale (elettronica, idraulica, finitura, ecc.), mentre una presenza maggiore riguarda i servizi di manutenzione che includono l’attività di pulizia. In particolare, la componente strettamente edile delle costruzioni è l’attività che registra la minore presenza femminile rispetto al resto delle attività.

Nel panorama appena descritto, l’Italia si colloca tra i paesi meno performanti, come confermano anche i dati dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico (Oecd), secondo cui nel 2022 la componente femminile nelle costruzioni era pari a poco meno dell’8% del totale delle persone occupate (116.500 su un totale di 1.500.000 persone). 

Perché? La domanda sorge spontanea se si pensa che l’Italia spicca rispetto al complesso europeo per dimensione del comparto in termini occupazionali.

Donne occupate nelle costruzioni in Ue (2022)

% Donne su occupati nelle costruzioni
Fonte: Women in construction, Wood and Forestry su dati Eurostat

Se si vuole correggere il significativo divario di genere che si osserva nello scenario occupazionale delle attività di costruzione, è importante che queste domande trovino risposta. 

Inoltre, ci sono aspetti di grande importanza che possono influenzare l’interesse femminile nei confronti del settore e che non sono stati ancora investigati – come la modalità di impiego a tempo pieno o part-time, i differenziali salariali, i profili di carriera, l’adeguamento della formazione professionale fino ad arrivare alla disponibilità dell’attrezzatura di sicurezza, non sempre idonea alle caratteristiche del corpo femminile, nonostante la grande rilevanza che questi accessori rivestono nel migliorare le condizioni di sicurezza nei cantieri. 

Se si guarda al dietro le quinte dei cantieri – un universo di alta qualificazione dove vengono svolte attività di progettazione, management, contabilità, comunicazione, recupero di materiali, ricerca su nuovi materiali, ecc. – è già possibile assistere a una maggiore presenza di donne rispetto a quanto avviene per i profili operai; del resto, è noto che le donne sono più istruite rispetto agli uomini, sia in Italia che nel resto d’Europa, e le laureate occupate sono di più dell’analoga componente maschile. 

Ci si aspetta quindi che le donne qualificate trovino uno sbocco anche nelle costruzioni, anche se a oggi va segnalata una generale arretratezza del settore rispetto a quanto caratterizza il resto dell’Ue: infatti, come si può vedere nella tabella 2, sul totale delle persone occupate la percentuale di chi ha competenze elevate o un alto livello di specializzazione tecnologica è molto più contenuto rispetto al resto dell’Unione europea.  

Occupazione nelle costruzioni con elevata formazione (2022) 

tabella costruzioni
Fonte: cedefop.europa.eu

Com'è stato evidenziato da più parti, il settore delle costruzioni deve affrontare importanti sfide poste dalle innovazioni tecnologiche, dove vengono richieste conoscenze digitali con differenti livelli di specializzazione, non solo nella progettazione ma nella stessa conduzione dei lavori di cantiere. In quest'ambito il lavoro specializzato delle donne, se opportunamente motivate, potrebbe trovare uno spazio importante. 

Tuttavia, sarebbe utile sapere quante sono le donne nei profili più qualificati, che ruolo ricoprono, che carriere percorrono, quanto guadagnano rispetto alla componente maschile, dal momento che è ben noto come la discriminazione di genere passi anche attraverso quella a livello salariale e dei percorsi di carriera.

Sarebbe interessante anche capire quale è la presenza delle donne all’interno di attività che richiedono elevate competenze artigianali per la conservazione e il restauro del patrimonio culturale di un paese da questo punto di vista ricchissimo come l'Italia

Solo per fare un esempio, le donne sono presenti nei lavori di ricostruzione in seguito a eventi catastrofici, purtroppo ricorrenti nel nostro paese? In quali attività? E, più in generale, i cantieri di ricostruzione per il mantenimento delle chiese, degli edifici storici e del patrimonio hanno dato accesso all’occupazione femminile? E ancora, dove si dirigono le donne che hanno acquisito una qualifica per operare nelle attività specializzate delle costruzioni? E quale ruolo potranno avere in prospettiva? Cosa è stato fatto e cosa si potrà fare in futuro per assicurarne e qualificarne la presenza?

Quest’ultimo ordine di interrogativi ci porta a riflettere sulle politiche che vengono messe in atto, e che possono rappresentare un elemento importante per incentivare o disincentivare la presenza delle donne nel settore. 

Tralasciando le azioni sul tema della conciliazione, che è orizzontale a tutte le attività, è cosa nota l'introduzione in Italia, tramite il Pnrr, di criteri di condizionalità e premialità per l’accesso alle gare; il provvedimento riguarda donne e giovani e dovrebbe investire anche il mondo dei cantieri. Questo è avvenuto solo su sollecitazione delle varie istanze internazionali – in primo luogo dell’Organizzazione delle Nazioni Unite o dell’Ue – per rimuovere il divario di genere e non è stata cosa molto gradita a chi opera nel settore, al punto che, su questo aspetto, sono state introdotte delle deroghe. 

Tuttavia, se la misura può aver rimosso un (comprensibile?) ostacolo all’accesso ai bandi, non ha aiutato ad affrontare il divario di genere occupazionale, che in prospettiva si riprodurrà su un mercato del lavoro già molto teso e che lamenta un’offerta inadeguata rispetto alla domanda delle imprese, oggi soddisfatta solo grazie alla massiccia presenza di persone immigrate.

I temi sono davvero molti e la conoscenza dei problemi che fanno capo alla difficoltà di accesso alle donne in questo importante segmento del lavoro è del tutto lacunosa; così come limitate, se non assenti, sono le azioni messe in atto per migliorare l’inserimento lavorativo delle donne nelle costruzioni. La molteplicità degli interrogativi sollevati fa capire che c'è molto da fare se si vuole correggere il significativo differenziale di genere che si osserva nello scenario occupazionale di questa attività.

Chi scrive ha piena consapevolezza che non si arriverà domani a modificare, con la presenza femminile, la nota fotografia di Ebbets del 1932, che ritrae undici lavoratori che stanno mangiando sulla trave di acciaio, a decine di metri sopra New York; forse le donne non sono nemmeno interessate a sostituire i maschi ritratti, né oggi né domani, e la nuova fotografia di David Allen Women on the rise si limiterà a essere un’ironica provocazione più che un segno di tempi che cambiano. Ma nel frattempo sarebbe utile capire almeno un po’ di più di questo mondo celato.

La Federazione italiana lavoratori legno e affini (Fillea Cgil) in collaborazione con la rivista RiGenerazioni Umbria vuole proporre una riflessione sulla presenza delle donne e sulle discriminazioni di genere nel settore delle costruzioni con il convegno Costruire al femminile. Un mondo da scoprire, dove comincerà a discutere nella speranza di aprire un dialogo costruttivo con imprese, istituzioni e territorio su un tema tanto importante quanto ancora poco esplorato.

Riferimenti

European Cyber security organization (Ecso), Improving the human capital basis - Analytical Report, European Construction Sector Observatory, March 2020

Ranstad Research, Costruire l'edilizia del futuro, 2023

European Federation of building and woodworkers (Fetbb), Le donne nel settore dell‘edilizia, del legno e della silvicoltura, 2023