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Gli spazi pubblici sono stati progettati per sostenere i ruoli di genere tradizionali, basati su vissuti ed esperienze di soggetti bianchi, maschi, benestanti. La Scuola di Design del Politecnico di Milano ha provato a immaginare una città diversa

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città queer
Credits Unsplash/Andrea Ferrario

Il tema della città femminista è sempre più vivo nel dibattito accademico – soprattutto nei settori della geografia urbana e della sociologia – e in quello dell'attivismo, dove con varie iniziative, come le passeggiate femministe, era già presente negli anni Settanta.

Ultimamente, grazie anche a casi virtuosi come Vienna e Barcellona, e recentemente anche a Milano, la questione è stata indagata anche nel contesto dell'amministrazione e delle politiche pubbliche. 

In questi discorsi già aperti, è cosa nota il concetto di man as norm (il maschile come norma) teorizzato per la prima volta dalle linguiste Helga Kotthoff e Ruth Wodak nel 1997: ciò che viene universalmente percepito come norma coincide in realtà con un "maschile universale" che sostiene e facilita i ruoli tradizionali di genere e l'impianto patriarcale della società.

Negli anni, diverse geografe femministe hanno denunciato come questo processo investa anche le città, che al pari di qualsiasi artefatto, sono state progettate secondo la fallacia dell'universale neutro (che di fatto non esiste), e come questo abbia contribuito alla creazione di spazi pubblici urbani che rendono più difficili gli spostamenti quotidiani e la vita delle donne.

Allo stesso modo, studiose e studiosi di geografia urbana come Jon Binnie, che hanno esplorato il rapporto tra genere, sessualità e spazio pubblico, concordano sul fatto che lo spazio non sia autenticamente eterosessuale per natura, ma che sia invece attivamente eteronormato.

Queste considerazioni aprono a una dimensione che si colloca oltre il binarismo di genere, e che abbraccia le istanze di tutte le persone che non coincidono con il soggetto maschio bianco, eterosessuale, cisgender e abile. Proprio in questa apertura di sguardo avviene l'incontro con il queer, e con i cosiddetti queer studies: ci sono ancora tante possibilità da esplorare nel design degli spazi.

Lo spazio pubblico queer è un tema già trattato in sociologia, geografia, storia, ma quasi mai nel design. Ci si chiede spesso come possa essere definito, e quali siano le sue caratteristiche, ma come sostiene Lorenzo Bernini, uno dei maggiori studiosi del tema in Italia, il termine queer è di per sé "un significante fluttuante, che trasferisce instabilità".

È in questa cornice che si inserisce il corso Temporary and inclusive urban solutions che abbiamo tenuto tra maggio e giugno 2023 alla Scuola di Design del Politecnico di Milano.

Intitolato The queer city, il corso è stato incentrato sulla progettazione di soluzioni temporanee e inclusive per lo spazio pubblico, con l'obiettivo di esplorare il rapporto fra la città e il concetto di queerness e di testare modalità per rendere Milano più inclusiva, accessibile, ospitale e attraente. 

Le soluzioni urbane temporanee intendono agire sulla città a livello micro, attraverso la creazione di spazi fluidi e mutevoli, immaginando scenari in grado di trasformare la temporaneità in una permanenza duratura.

Nove progetti per una città queer

In stretta collaborazione con i nove Municipi del Comune di Milano e sette associazioni Lgbtqia+ attive sul territorio milanese (Agedo, Ala Milano, Cig Arcigay, Famiglie Arcobaleno, Gaymin Out, PoliEdro e Pride Sport Milano) gli studenti e le studentesse hanno coinvolto i diversi stakeholder in sessioni di design e workshop. Ogni gruppo ha lavorato in aree specifiche dello spazio pubblico dei diversi Municipi e ha co-progettato con le associazioni soluzioni urbane temporanee queer.

Ne sono nati nove progetti mirati a raggiungere una maggiore consapevolezza rispetto ai valori e alle istanze delle persone queer, nonché ai concetti di inclusione e identità, attraverso installazioni interattive e luminose, giochi urbani, eventi sportivi e workshop.

Urban game, ad esempio, progetto pensato per il Municipio 1, promuove maggiore conoscenza della storia e delle istanze delle persone Lgbtqia+ attraverso un gioco urbano co-progettato con la cittadinanza. L'installazione Sharing is caring per il Municipio 2,  incoraggia le connessioni tra le persone partecipanti, l'espressione di sé e la condivisione di idee. Nel Municipio 3, l'installazione interattiva Trans joy esalta la gioia dell'essere trans, con un focus sulla storia delle associazioni legate alla comunità.

Il Municipio 4 ha ospitato invece Storage of stories, un'installazione audio-narrativa rivolta a bambini e bambine e alle loro famiglie, ispirata alla storia Piccolo uovo (Lo Stampatello, 2011), che celebra le famiglie nella loro varietà.

Nel Municipio 5, il progetto Scopri-Ti offre un percorso di auto-scoperta ed esplorazione della propria identità; mentre l'edificio del Municipio 6 si illumina di colori con il progetto Radiant pathways, che celebra i valori queer attraverso un sistema di installazioni che giocano con parole chiave e colori arcobaleno.

Il Municipio 7 ha dato spazio a In queer's shoes, un evento che promuove l'inclusività nello sport. Nel Municipio 8, The running wave affronta il tema dell'isolamento e dell'esclusione vissuti dalle persone queer attraverso una corsa podistica che collega Piazza Arduino e Piazza VI Febbraio. 

Infine, all’interno dei Laboratori coloratissimi organizzati per il Municipio 9, sono state realizzate con le persone residenti nel quartiere le grafiche e l'allestimento per la parata del Dergano Pride – il pride di prossimità del quartiere Dergano – promuovendo la diffusione della cultura Lgbtqia+ e la lotta delle "soggettività marginalizzate".

Una scia di nuove idee

Per avviare una sensibilizzazione su queste tematiche in modo più ampio e capillarizzato, le soluzioni progettate sono state ideate e testate con la partecipazione della cittadinanza durante un evento finale organizzato a giugno 2023, negli spazi designati dai vari municipi.

Le installazioni nelle varie aree della città durante il mese del Pride sono state immaginate come diramazioni della parata principale, coinvolgendo più da vicino l'intera città, arricchendo il tessuto dello spazio pubblico e delle persone che lo abitano.

Questa scia di nuove idee ha permesso di immaginare una Milano del futuro, tramite piccole azioni locali che possano favorire la trasformazione degli spazi pubblici in ambienti più ospitali e inclusivi, abbracciando la coesistenza e celebrando una visione più queer della città. 

Diffondendo la comprensione, l'empatia e la comunicazione, queste idee intendono promuovere la creazione di comunità più armoniose e vivaci che valorizzino i contributi unici di tutte le persone, indipendentemente dalla loro identità. 

Attraverso azioni di questo tipo, lo spazio pubblico può trasformasi in luogo di incubazione di pratiche sociali, in cui le comunità creative agiscono per creare nuove soluzioni a problemi quotidiani che la società non sempre è in grado di risolvere, indagando le opportunità per migliorare il senso di appartenenza ai quartieri e alla città. 

In questo senso, ci sembra quanto mai necessario avviare una sensibilizzazione sempre di più diffusa dell'opinione e delle amministrazioni pubbliche, in modo che, tramite pratiche partecipative dal basso, si possa adottare il pensiero queer come guida per realizzare nuove modalità di progettazione e gestione delle nostre città, allontanandole dall'impianto del "maschile universale" con cui sono state originariamente pensate e costruite.

Riferimenti

L. Bernini, Le teorie queer: un'introduzione, Mimesis, 2017

J. Binnie, Coming out of geography: towards a queer epistemology?, "Environment and planning D: society and space", 15, 223–237, 1997

T. de Lauretis, Queer theory: lesbian and gay sexualities. An Introduction. Differences, "A journal of feminist cultural studies, 3(2), iii–xviii, 1991

M. De Leo, Queer. Storia culturale della comunità Lgbtq+, 2021

H. Kotthoff e R. Wodak, Communicating gender in context, John Benjamins Publishing Company, 1997