Politiche

Obiettivi e capitoli di spesa di un piano di ripresa che ignora le aspettative dell'Europa sul gender mainstreaming e non fa differenza tra i destinatari delle riforme sulla base del sesso "più di quanto sia necessario". Kata Kevehazi dall'Ungheria

La ripresa senza
donne dell'Ungheria

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Foto: Unsplash/ Bekah Allmark

Il Piano ungherese per la ripresa e la resilienza ignora le aspettative dell’Unione europea sulle misure di gender mainstreaming e uguaglianza di genere. Ciò non sorprende. Nessun governo in Ungheria ha mai adottato misure né ha mai allocato risorse in tale ambito.

Le donne, come avviene sempre a livello di politiche governative quando si tratta dei loro diritti, vengono nominate solo in relazione alle questioni demografiche legate alla partecipazione delle giovani madri al mercato del lavoro.

Al riguardo, esistono misure specificamente volte all’incremento del tasso di occupazione femminile, che è ancora del 15% inferiore rispetto a quello degli uomini. Questo rappresenta l’unico aspetto rispetto a cui viene definito un obiettivo che riguardi le donne come tali, in quanto individui.

Inoltre, è presente nel piano un elemento collegato alla questione dello svantaggio che affligge le donne, ovvero l’erogazione di servizi di assistenza alla prima infanzia.

L’unico riferimento alle differenze in termini di impatto che la pandemia ha avuto su donne e uomini riguarda la questione della disuguaglianza nei carichi di cura durante i periodi di quarantena. Il testo suggerisce di cercare di promuovere una condivisione più equa dei carichi di cura tra donne e uomini.

Ma anche in questi casi, non si fa menzione dell’impatto delle misure, né del loro effetto a livello di uguaglianza di genere.

Le altre conseguenze negative della pandemia (come, ad esempio, l’aumento dei casi di violenza, la perdita dei posti di lavoro e le ingenti perdite di reddito a livello imprenditoriale) non vengono minimamente menzionate, così come vengono tralasciati del tutto li aspetti di genere di altre dimensioni (quali l’istruzione, la sostenibilità, la povertà, la digitalizzazione, ecc.). 

Per riassumere, il piano manca di un approccio di genere anche rispetto a tutte le componenti e agli ambiti interessati dalle riforme.

Il documento non fa per nulla riferimento alla Strategia europea per la parità di genere 2020-2025 ma menziona il nuovo documento nazionale intitolato Piano d’azione (2021-2030) per l’UE sul rafforzamento del ruolo delle donne all’interno della famiglia e nella società.

Questo piano d’azione, il cui testo non è pubblico, è stato preparato dall’Ungheria solo ed esclusivamente per ottemperare alla condizionalità imposta per accedere ai fondi europei per il periodo 2021-2027 – come ha affermato lo stesso Segretario di Stato per gli affari della famiglia, Attila Beneda, in occasione della sua partecipazione a un gruppo di lavoro tematico sui diritti delle donne, organizzato dal ministero della giustizia.

Ma il documento non contiene alcun tipo di dati disaggregati per genere.

C'è una frase nel piano che la dice lunga sull’opinione del governo riguardo ai precedenti lavori di ricerca sulle questioni di genere e sugli sforzi compiuti dal movimento femminista: “Il piano di ripresa resilienza dell’Ungheria non differenzia i destinatari delle riforme sulla base del sesso o altro criterio più di quanto sia necessario, giustificato e proporzionato”.

Sarebbe lecito nutrire seri dubbi riguardo alla capacità del piano di fornire una risposta complessa, puntuale ed efficace alle discriminazioni nei confronti delle donne in generale e, in particolare, all’esposizione delle donne agli effetti negativi, dal punto di vista economico e sociale, della pandemia da Covid19.

Infatti, se un gruppo sociale è particolarmente svantaggiato e discriminato in periodi normali (e lo sarà ancora di più al verificarsi di circostanze eccezionali), la mancanza di attenzione specificatamente rivolta a tale gruppo e l’assenza di misure di tipo compensativo non rappresentano altro che ulteriori forme di discriminazione, che vanificano i vantaggi legati all’attuazione delle politiche adottate.

Stando alla comunicazione del governo, al momento della preparazione del documento sarebbero stati contattati circa 500 soggetti per verificare la loro disponibilità a partecipare attivamente alla stesura e alla revisione del piano – tra gli altri, le organizzazioni della società civile, comprese le organizzazioni femminili. Il nostro network di organizzazioni femministe, che fa parte della Lobby europea delle donne (Ewl), non è stato contattato per la fase di revisione. Tutto ciò nonostante il sostegno che a diversi livelli abbiamo fornito ai processi di formazione delle politiche europee, anche a livello nazionale. 

Abbiamo inviato alle piattaforme di comunicazione ufficiali la nostra opinione, formulata da quattro Ong di esperte e femministe, incluso il coordinamento nazionale affiliato alla Ewl, e la Fondazione Jol-Let (letteralmente “benessere”) che io rappresento. Ma non abbiamo ricevuto nessun riscontro e i nostri suggerimenti non sono stati inclusi nella seconda versione del piano preparato dal Governo.

Le 50 riforme e gli investimenti che verranno finanziati con il piano di ripresa comporteranno una spesa totale pari a 2.511,3 miliardi di fiorini ungheresi.

Le componenti principali della spesa e i relativi importi sono 230,69 miliardi per demografia e pubblica istruzione, 282 miliardi per forza lavoro altamente qualificata e competitiva, 77,47 miliardi per lo sviluppo edilizio, 44,35  per la gestione delle risorse idriche, 631 miliardi per la sostenibilità ecologica dei trasporti, 262,49 miliardi per l’energia, 103 miliardi per la transizione energetica a un’economia circolare; 857,04 miliardi alla sanità, 24,21 miliardi per le misure orizzontali.

Ma non c’è stato alcun dibattito sul ruolo che le donne avranno rispetto a queste risorse e nella ripresa.

Note

In questo articolo mi baso sull’analisi che abbiamo condotto con altre organizzazioni di esperte e femministe che abbiamo inviato al governo ungherese e all’Unione europea.

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