Politiche

Per partecipare ad appalti e bandi di gara, i progetti che vorranno accedere ai fondi stanziati dal piano nazionale di ripresa dovranno dimostrare di contare su un 30 per cento di giovani e donne. Non è una scelta, ma una condizione. Vediamo cosa significa

Ripresa, includere le
donne è una condizione

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Foto: Unsplash/ Bradyn Trollip

Che il Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) rappresenti l’occasione storica per dare una svolta al nostro paese sotto diversi aspetti è questione nota. Come questa occasione possa assicurare un incremento della presenza femminile nel mercato del lavoro e una riduzione dei noti divari di genere è ancora questione aperta.

Abbiamo già avuto modo di sottolineare nel corso della redazione del Pnrr come la trasversalità del tema “parità di genere” avesse bisogno di impegni chiari e misure concrete. Allo stato attuale ci troviamo di fronte a due dispositivi importanti, non ancora compiutamente definiti a livello di regolamento, che però non vanno confusi: la cosiddetta condizionalità, quota obbligatoria del 30% alla nuova occupazione di giovani e donne creata dal piano, e il sistema di premialità aggiuntiva, entrambi da realizzarsi all’interno del procurement pubblico.[1]

Per sfatare subito l’equivoco: non si tratta di un sistema opzionale, una sorta di certificazione di merito o di “bollinatura aggiuntiva” a un reclutamento ordinario sull’onda del politically correct. Al contrario, l’applicazione della condizionalità obbligatoria all’esecuzione dei progetti del Pnrr, rappresenta, come dice la stessa parola, una “condizione” per la realizzazione degli stessi, oltre che una sfida e un’innovazione importante.

Vediamo come ci siamo arrivati e a che a punto siamo.

A pagina 33, il piano di ripresa, attualmente in vigore, prevede l’introduzione di disposizioni dirette a condizionare l’esecuzione dei progetti all’assunzione di giovani e donne. In particolare, anticipa che “con specifici interventi normativi, sarà previsto l’inserimento nei bandi gara, tenuto anche conto della tipologia d'intervento, di specifiche clausole con cui saranno indicati come requisiti necessari e, in aggiunta, premiali dell’offerta, criteri orientati verso tali obiettivi.

La specifica arriva con l’art.47 del Decreto Semplificazioni, che delinea il sistema di governance del Pnrr.[2] Nello specifico, il comma 4 stabilisce che “le stazioni appaltanti prevedono, nei bandi di gara, negli avvisi e negli inviti, come requisiti necessari e come ulteriori requisiti premiali dell’offerta, criteri orientati a promuovere l’imprenditoria giovanile, la parità di genere e l’assunzione di giovani, fino all’età di trentasei anni, e donne”. Inoltre, il comma prevede che “l’impegno ad assicurare una quota pari almeno al 30 per cento, delle assunzioni necessarie per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività a esso connesse o strumentali, all’occupazione giovanile e femminile, è requisito necessario dell’offerta”.

Il rispetto del 30% nell’occupazione aggiuntiva creata dai singoli progetti del Pnrr per  giovani e donne è quindi obbligatorio e condiziona sia l’accesso ai fondi in sede di presentazione dell’offerta, sia l’esecuzione del progetto. Il messaggio è chiaro ed è importante. Sin dall’avvio della commessa, il progetto sa che dovrà farsi carico di rispettare questa quota sul complesso dei nuovi contratti attivati.

Al momento a Palazzo Chigi sono in fase di redazione le linee guida per la corretta applicazione di questo principio in capo alle stazioni appaltanti e la corretta definizione della modalità di computo del 30% in relazione alle due variabili di giovani e donne.

Stante quindi l’obbligatorietà della quota di occupazione femminile sul totale della nuova occupazione creata, cosa c’è di volontario?

Sempre l’art.47 del decreto semplificazioni, al comma 5 prevede “ulteriori misure premiali” che determinano l’assegnazione di un punteggio aggiuntivo all’offerente o al candidato che, comunque, partecipando alla gara deve assicurare la copertura della condizionalità al 30% - sempre secondo la parametrazione tra le due variabili di giovani e donne che sarà definita nelle linee guida in fase di stesura.

Queste misure premiali riguardano da un lato il profilo dell’impresa (condotta non discriminatoria, politiche family friendly e di parità di genere nell’organizzazione), ma dall’altro scattano, come previsto dalla lettera c) del comma 5 per il superamento della quota del 30% di occupazione aggiuntiva femminile o giovanile nell’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali.

Nello specifico, le premialità previste dall’art 47, comma 5 scattano al verficarsi di una delle seguenti condizioni:

  • nei tre anni antecedenti la data di scadenza del termine di presentazione delle offerte, non risulti destinatario di accertamenti relativi ad atti o comportamenti discriminatori ai sensi dell’articolo 44 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 215, dell’articolo 4 del decreto legislativo 9 luglio 2003, n. 216, quelle di cui all’articolo 3 della legge 1° marzo 2006, n. 67, ovvero dell’articolo 55-quinquies  del decreto legislativo 11 aprile 2006, n. 198, ovvero quelle di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151;
  • utilizzi o si impegni a utilizzare specifici strumenti di conciliazione delle esigenze di cura, di vita e di lavoro per i propri dipendenti, nonché modalità innovative di organizzazione del lavoro;
  • si impegni ad assumere, oltre alla soglia minima percentuale prevista come requisito di partecipazione, giovani, con età inferiore a trentasei anni, e donne per l’esecuzione del contratto o per la realizzazione di attività ad esso connesse o strumentali;
  • abbia, nell’ultimo triennio, rispettato i principi della parità di genere e adottato specifiche misure per promuovere le pari opportunità generazionali e di genere, anche tenendo conto del rapporto tra uomini e donne nelle assunzioni, nei livelli retributivi e nel conferimento di incarichi apicali;
  • abbia presentato o si impegni a presentare per ciascuno degli esercizi finanziari, ricompresi nella durata del contratto di appalto, una dichiarazione volontaria di carattere non finanziario ai sensi dell’articolo 7 del decreto legislativo 30 dicembre 2016, n. 254 

In sintesi quindi, il piano di ripresa può e deve creare più occupazione femminile. Ogni progetto è tenuto a farlo applicando la condizionalità obbligatoria alle nuove assunzioni. Può inoltre disporre requisiti premiali ulteriori se si supera la quota o se i soggetti coinvolti presentano un profilo adeguato.

Quanto questa disposizione riuscirà a incidere sul sistema degli appalti dipenderà molto dai regolamenti di esecuzione, e quindi dalle clausole di esclusione o dall’apparato sanzionatorio, ma anche dalle modalità di computo del 30%. 

Analogamente, la valutazione della sua effettività dipenderà anche da un adeguato sistema di monitoraggio e di supporto alla copertura della quota. Ma la questione è stata posta e ne va rivendicata l’importanza e l’eccezionalità, in un paese in cui da sempre la programmazione si muove in un orizzonte falsamente gender neutral e la questione dell’impatto di genere delle politiche è da sempre considerato un tema di interesse per pochi, senza valenza economica. 

Per la prima volta, si è nelle condizioni non di restare in attesa che un qualche beneficio arrivi alle donne da scelte economiche di stampo generalista, parlando quindi di “impatto auspicato”, ma di poter immaginare sin da ora che almeno una piccola quota del più ingente flusso monetario mai erogato al paese, sia destinata subito in modo effettivo a nuovi posti di lavoro per le donne.

Si tratta della prima sperimentazione in tal senso, che mira a far uscire il tema della quota dall’orizzonte ideologico, in cui è da decenni relegata, per introdurla legittimamente nell’alveo degli strumenti di politica economica. Per accompagnare alla fiducia la consapevolezza, attendiamo, però i dispositivi attuativi.

Note

[1] La proposta è stata elaborata dal Gruppo di lavoro: Occupazione femminile e disparità salariale, istituito con decreto del Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali il 29 marzo 2021 n.63

[2] Decreto Legge 31 maggio 2021, n. 77, convertito, con modificazioni, dalla Legge 29 luglio 2021, n. 108, pubblicata sulla GU Serie Generale n. 181 del 30-07-2021 (Supplemento Ordinario n. 26).