Politiche

Parità retributiva per legge, accade nel Lazio dove è da poco stata approvata una proposta su gender pay gap e occupazione femminile che si propone come apripista a livello nazionale. Ne parliamo con la prima firmataria, Eleonora Mattia

Se la parità retributiva
diventa una legge

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Introdurre la parità retributiva per legge. Succede nel Lazio, dove nel 2019 è stata presentata una proposta, poi approvata a maggio 2021, su parità salariale, sostegno all’occupazione femminile stabile e di qualità e valorizzazione delle competenze delle donne. Ne parliamo con Eleonora Mattia, Consigliera regionale e Presidente della Commissione lavoro e pari opportunità alla regione, che l'ha fortemente voluta.

Come nasce questa proposta di legge? Da che tipo di divario, in particolare, siete partite per scriverla?

Il termine “discriminazioni” ha fatto il suo ingresso nella teoria economica per spiegare il divario retributivo di genere nel mercato del lavoro, fenomeno che non riusciva a essere ricompreso negli indicatori economici canonici. Il gap fra lavoratori e lavoratrici – di cui la retribuzione è solo l’aspetto più visibile – è infatti il risultato di un complesso intreccio di fattori sociali e culturali e in particolare di stereotipi, condizionamenti e quindi scelte e rinunce che indirizzano l’andamento del mercato del lavoro e influenzano le condizioni economiche della popolazione femminile anche oltre l’età lavorativa. Quando abbiamo presentato la legge siamo partiti dall’analisi di queste disuguaglianze strutturali, poi amplificate dalla pandemia rendendo ancora più urgente l’approvazione del testo. 

Un divario invisibile, quindi, e che va oltre i minimi salariali e le tutele della contrattazione collettiva.

Sì, e che la pandemia ha acuito ulteriormente. Puntando i riflettori sul valore e i differenti pesi del lavoro di cura non retribuito e sulla qualità del lavoro femminile: più precario, instabile e sacrificabile. Un divario difficile da spiegare e da giustificare dopo 76 anni dall’entrata in vigore della Carta costituzionale che all’articolo 37 stabilisce l’uguaglianza di trattamento tra uomini e donne a parità di mansioni. Dopo 44 anni dall’approvazione della legge 903 che ha applicato tale principio. In questo senso, la legge regionale 7/2021 approvata nel Lazio segna un importante risultato che potrà rappresentare una buona pratica a livello nazionale. 

In che tipo contesto avete pensato la legge? Quali sono i vostri riferimenti?

La legge si inserisce nel filone del gender mainstreaming, e adotta un approccio trasversale rispetto al gender gap nel mondo del lavoro che mira a intervenire sulle cause che lo generano con azioni positive e strumenti concreti, grazie anche a un’importante dotazione finanziaria di 7,66 milioni di euro per il prossimo triennio 2021-2023. 

Concretizzando, che tipo di interventi prevede la legge?

Gli interventi previsti spaziano dalle politiche attive del lavoro per la formazione, anche delle nuove competenze, con un importante focus sull’inserimento e il reinserimento nel mondo del lavoro e un’attenzione specifica ai percorsi altamente specializzanti e nelle discipline scientifico-tecnologiche (STEM), ma anche educazione finanziaria e digitale. Ci sono misure mirate per il reinserimento lavorativo delle donne vittime di violenza prese in carico dalla rete dei centri antiviolenza e delle case rifugio del Lazio, delle donne disabili, per il contrasto al fenomeno delle molestie sul lavoro come previsto dalla Convenzione ILO 190/2019. E ancora l’istituzione di specifici percorsi all’interno dei centri per l’impiego per accompagnare al lavoro autonomo, l’autoimprenditorialità e la diffusione di opportunità di formazione e carriera. Forme di microcredito d’emergenza per le donne in condizioni di disagio sociale – tra cui vittime di tratta, ex detenute, ultrasessantenni prive di sostegno –, un fondo per il sostegno all’imprenditoria femminile e incentivi per le imprese che assumono donne a tempo indeterminato, oltre che l’istituzione di un registro delle imprese virtuose con un relativo sistema di premialità con il fine di condividere le buone pratiche.

 

Ci sono misure volte a promuovere la condivisione del carico genitoriale?

Certamente. Tra le cause del divario di genere nel mondo del lavoro vi è sicuramente quello della scarsa condivisione delle responsabilità genitoriali e del lavoro di cura in generale. Questo per le donne si traduce in lunghi periodi di assenza dal lavoro, maggiori permessi e maggiore propensione alla rinuncia a una serie di opportunità che poi significano rinuncia agli scatti di carriera, al full time e quindi allo stipendio. Il divario retributivo si nasconde proprio qui. Per questo la legge prevede buoni per l’acquisto di servizi di baby-sitting per incentivare le donne a tornare al lavoro con serenità, se e quando lo vogliono, negli 11 mesi successivi al congedo di maternità obbligatorio. Ma anche buoni di indennizzo per l’attività di caregiver di persone non autosufficienti nel rispetto della normativa vigente in materia di lavoro e di previdenza sociale e, in via sperimentale, un buono anche ai padri lavoratori che usufruiscono del congedo parentale, in alternativa alla madre lavoratrice. Il congedo parentale è infatti fruibile alternativamente dalla mamma o dal papà, ma statisticamente sono principalmente le donne che ne fanno uso con tutte le conseguenze che ne derivano dal punto di vista economico e, in generale, di distribuzione del lavoro di cura. 

E per quanto riguarda le carriere? Sappiamo che il soffitto di cristallo è ancora in buona salute...

Sì, forse il tema più generale e di fondo della legge riguarda proprio la sistematica sottorappresentazione femminile nei luoghi decisionali che ha a che fare con la svalutazione, aprioristica, delle competenze femminili e depotenzia il lavoro e la voce delle donne. Per quanto possibile in base alle competenze legislative regionali su questo fronte sono stati previsti due assi di intervento: da una parte misure per favorire la partecipazione delle donne alla vita politica e amministrativa, promuovendone la presenza all'interno delle giunte dei comuni come previsto dalla normativa nazionale e in particolare, d’intesa con Anci Lazio, istituendo un apposito riconoscimento denominato “Certificazione di equità di genere” da assegnare ai comuni virtuosi; dall’altra l’impegno a garantire in tutte le nomine di competenza regionale che su base annua nessun genere sia rappresentato per più dei 2/3, anche nelle nomine monocratiche, oltre che di garantire un equilibrio di genere nell’affidamento degli incarichi esterni a professionisti. Alla base c’è l’idea di diffondere una cultura paritaria che passi per il riconoscimento e la valorizzazione delle competenze delle donne anche attraverso la giusta rappresentazione nei luoghi decisionali e apicali, tanto negli organi politici come nelle realtà aziendali.

Come pensi che questa legge possa fare da apripista per altre regioni e a livello nazionale?

Il testo approvato nel Lazio rappresenta uno strumento versatile, trasversale e innovativo che non si limita a individuare un problema, ma propone strumenti per intervenire concretamente nella soluzione. Una risposta coraggiosa ancora più di fronte a una pandemia che ha avuto il volto di donna poiché sono state le donne in prima linea a combattere il Covid e a subire le maggiori conseguenze che ne sono derivate. Per noi si tratta di una vittoria importante, ed è frutto di un percorso corale, condiviso fin dal primo momento con le associazioni di categoria, le realtà femminili e femministe del territorio – dalle più rappresentative a quelle locali – i centri e gli sportelli antiviolenza, i consultori, i centri per l’impiego. E forse è proprio questa la vittoria più grande. Non solo uno sguardo che va oltre i dati e cerca soluzioni complesse e sistemiche, ma che lo fa fianco a fianco alle donne che sono in prima linea nei luoghi di lavoro, nelle case, nelle scuole, nei presidi sociali e territoriali. Con un dialogo partecipato che rende la vittoria davvero condivisa, una buona pratica di cura reciproca e di sorellanza. Di gruppo che vince perché diviene squadra, voci che si ascoltano e che trasformano il mondo insieme, facendo tanto rumore.