Politiche

Diritti, salute ed economia sono le tre prospettive d'indagine che quest'anno abbiamo scelto per raccontare la violenza degli uomini sulle donne e i percorsi per uscirne

Il nostro novembre per
uscire dalla violenza

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Foto: Flickr/Douglas Palmer

Il 25 novembre è la giornata internazionale per il contrasto alla violenza sulle donne, questa occorrenza ha reso ormai da tempo novembre il mese in cui più degli altri si parla di violenza sulle donne. Su inGenere quest'anno abbiamo deciso di puntare lo sguardo sui percorsi di fuoriuscita dalla violenza e lo abbiamo fatto offrendo spazio a tre diverse prospettive di indagine, che insieme ci restituiscono un fenomeno assai complesso: i diritti, la salute, l'economia.

Dalla collaborazione tra la redazione di inGenere e Differenza Donna, associazione impegnata sul campo nel contrasto alla violenza sulle donne, è nata una raccolta di articoli dedicati al riconoscimento della violenza a partire dalla conoscenza dei diritti. Teresa Manente, avvocata penalista, ci ha aiutato a districarci tra ricatti, negazioni e mancati pagamenti, illustrando tutte le facce di una violenza diffusa e così poco riconosciuta, quella economica. Con Simona Napolitani, esperta di diritto di famiglia, abbiamo cercato di capire cosa cambia per le relazioni violente ora che la Cassazione ha deciso di svincolare l'assegno di divorzio dal tenore di vita della famiglia. Per conoscere i diritti c'è bisogno di sapere le parole giuste, ancora di più se si è migranti e si comprende poco o per niente la lingua del paese di destinazione, Valentina Pescetti ci ha raccontato dei percorsi attivati in questa direzione da Differenza Donna. E se la migrazione è stata una scelta obbligata, ci ha ricordato Ilaria Boiano, avvocata specializzata nell'assistenza alle migranti, un diritto internazionale davvero sensibile al genere deve chiedersi perché una donna decide di fuggire dal proprio paese

Con le vincitrici del premio intitolato a Francesca Molfino, psicanalista e femminista impegnata nel contrasto alla violenza di genere, abbiamo raccolto una serie di articoli nati dalle tesi e dalle ricerche selezionate dalla Fondazione Sapienza che dal 2014 stanzia il finanziamento per il premio. Gli articoli si sono mossi attorno a un filo comune: la violenza ha effetti a lungo termine sulla salute fisica e mentale delle donne che vanno anche oltre la fuoriuscita dalle relazioni violente. Ci siamo chieste cosa stanno facendo i paesi europei per sostenere le donne che hanno subito violenza da parte del partner, cosa accade alle donne e ai loro figli dopo la separazionecome le donne vivono le emozioni prima e dopo la richiesta d'aiuto e cosa succede se la violenza subita porta anche a distanza di tempo a forme di violenza autoimposta. Sostenute dai dati e dalla letteratura di riferimento, le ricerche presentate – nate nelle università italiane di Urbino, Trieste e Napoli – hanno fornito le prime risposte a queste domande, indagando una connessione ancora poco presente nel discorso pubblico, quella tra violenza e salute. Pubblicarle è stato un modo per allargare il dibattito incentrato sui diritti e sulla sicurezza e dargli profondità, e allo stesso tempo offrire un servizio a chi opera nei centri antiviolenza.

Infine, per tornare al nostro argomento preferito, i soldi, ci siamo chieste se la violenza degli uomini aumenta o diminuisce con l’emancipazione economica delle donne, e abbiamo provato a dare delle risposte e a fare delle proposte in base agli ultimi dati europei. Se per le donne che hanno subito stalking un risarcimento in denaro non basta, per tutte quelle che decidono di uscire da una relazione violenta c'è bisogno di un aiuto economico, una misura concreta che ne sostenga i percorsi di autonomia e libertà. Intanto, in attesa di un adeguamento che renda le istituzioni davvero efficaci, alcune donne si stanno organizzando con il mutuo-aiuto. Un'indagine sui matrimoni tra latinoamericane e italiani svela la relazione tra ideali amorosi e violenza nelle relazioni di intimità. Il primo passo per fare i conti con la violenza è nominarla, nei discorsi privati come in quelli pubblici, il Brasile insegna.