L'occupazione femminile in agricoltura risulta crollata all'1%. E' al 37% la quota delle donne tra i dipendenti di aziende agricole, e al 33% tra gli imprenditori. Ma sono molto forti il sommerso e le reti informali dell'universo familiare. Mentre un monitoraggio più preciso permetterebbe politiche di genere mirate, anche nei campi
Sembrerebbero sempre meno le donne impiegate in agricoltura in Italia, un settore che assorbe circa il 4% della forza lavoro occupata e che ha ripreso a crescere. “Sembrerebbero” perché i dati ufficiali risentono di diverse lacune. Rilevare il numero delle donne occupate nel settore agricolo è una faccenda complessa: i due principali strumenti di rilevazione sono rappresentati dalle indagini annuali sulle forze lavoro e i censimenti agricoltura dell’Istat, cioè strumenti che raccolgono dati estremamente diversificati, i cui risultati non sono immediatamente confrontabili. Allo stesso tempo i dati censuari in agricoltura, pur fornendo informazioni di base sul peso della componente femminile nel settore agricolo, non sono costruiti per cogliere la complessità della dimensione del lavoro femminile. Ad esempio l’obbligo di indicare nel questionario censuario una sola persona come conduttore dell’azienda agricola, non permette di cogliere quelle situazioni in cui la responsabilità gestionale dell’azienda è condivisa fra i due coniugi (i dati parlano di ben 415 mila donne che si trovano nella condizione di “coniuge del conduttore”) e quindi rilevare se – e in che misura – il loro impegno lavorativo orienta le scelte strategiche della propria azienda familiare. Inoltre, le indagini statistiche non tengono conto del fatto che spesso le attività svolte dalle donne in azienda sono strettamente correlate alle attività familiari nel loro insieme, dalle quali quindi non sono facilmente separabili, se non con indagini ad hoc. Infine, al momento, dai dati disponibili dell’ultimo censimento agricoltura (2010) non è possibile estrapolare informazioni di genere sulla struttura dell’azienda agricola, se non quelli riconducibili alla manodopera impiegata in azienda, che comprende anche i conduttori. Questo, di fatto, condiziona l’analisi delle aziende agricole al femminile.
Nonostante però i limiti sovraesposti, un’analisi congiunta dei dati statistici, integrata dai risultati delle indagini qualitative, può aiutare a delineare uno spaccato della presenza femminile in agricoltura, con luci e ombre che lo caratterizzano.
Le donne in agricoltura: un quadro complesso e composito
Un confronto di genere (Tab.1) con i dati relativi agli altri due settori produttivi (industria e servizi) evidenzia come a fronte di un aumento della componente femminile della forza lavoro italiana complessiva nell’ultimo trentennio, pari a 9 punti percentuali (si è passati dal 31% del 1980 al 40% del 2010), il settore agricolo è quello che ha registrato un calo costante nel peso delle occupate, che lo ha portato a perdere circa 4 punti percentuali rispetto al 1980 (dal 5% del 1980 all’1% del 2010). Certo il calo occupazionale in agricoltura, fenomeno rilevabile a partire dagli inizi degli anni ’50, riguarda anche la componente maschile. Quello che però caratterizza la forza lavoro femminile è il suo passaggio da una riduzione iniziale molto contenuta (le donne abbandonarono le campagne più lentamente degli uomini, spesso sostituendoli nelle loro mansioni), a un calo sempre più significativo a partire dagli anni ’90 determinato da un contesto generalizzato di crisi economica, che restringe sempre più le opportunità occupazionali, a scapito delle donne.
Secondo quanto rilevato dall’ultimo censimento dell’agricoltura (2010), la quota al femminile della manodopera risulta essere pari al 37%, con valori che raggiungono il 41% nel sud del paese. È interessante rilevare come le donne coprano il 30% della manodopera familiare impiegata in azienda, mentre ricoprono soltanto il 7% della manodopera extra familiare (tab. 2). Quest’ultimo valore incorpora anche la forza lavoro femminile straniera (14%), di cui la gran parte (80%) ha un rapporto di lavoro a tempo determinato, legato essenzialmente alle operazioni stagionali di raccolta dei prodotti ed è occupata principalmente nell’agricoltura centro-meridionale (60%).
Ma quante sono le donne che conducono aziende agricole nel nostro paese? Al 2010 risultano essere circa 532 mila, le quali rappresentano circa il 33% del totale dei conduttori. L’analisi dei dati statistici relativi alle caratteristiche principali delle conduttrici agricole (non sono ancora disponibili i dati di genere sulla struttura delle aziende) ci restituiscono il seguente identikit:
- soltanto il 9% di esse ha meno di 40 anni, mentre il 42% ha un’età compresa fra i 40 e i 60 anni;
- il 6% è in possesso di una laurea (stesso valore dei maschi, i quali però, in valore assoluto, sono il doppio); il 18% ha conseguito un diploma, mentre il 9% permane ancora in una situazione di analfabetismo
- lo 0,33% è straniera
- il loro carico di lavoro rimane contenuto nelle 58 giornate standard lavorate mediamente nell’annata agraria 2009-2010, rispetto alle 104 prestate dai conduttori di genere maschile.
Di fatto, la realtà è molto più complessa di quella dettata dai numeri, in quanto spesso le posizioni lavorative ricoperte dalle donne nel settore agricolo assumono una dimensione informale. Come confermano i dati dello stesso censimento, la struttura produttiva agricola nazionale risulta ancora organizzata attorno alla famiglia: circa il 99% delle aziende agricole fa ricorso alla manodopera familiare, la quale rappresenta il 77 % del totale della manodopera impiegata. È quindi attorno al nucleo familiare, tradizionalmente condotto dal capofamiglia uomo, che ruotano le decisioni e strategie imprenditoriali.
Un aiuto alla comprensione del ruolo della donna nell’azienda agricola familiare italiana può venire dall’analisi dei dati statistici relativi “all’universo familiare” che gravita attorno all’azienda agricola, universo composto da circa 4,2 milioni di persone, di cui circa il 45% composto da donne (circa 1,9 milioni). Come riportato nella tabella 3, l’universo agricolo è popolato da figure femminili differenziate: accanto alle “conduttrici” sono presenti figure che, come familiari o dipendenti, incidono sull’attività aziendale, contribuendo con il loro operato quotidiano a potenziare il ruolo multifunzionale dell’impresa agricola (agriturismo, attività didattiche, vendita diretta in azienda, ecc.).
Si tratta quindi di un universo che andrebbe meglio investigato al fine di poterne cogliere l’effettivo peso. E questo anche perché la scarsità di conoscenze sulla sua composizione limita la capacità di programmare interventi rispondenti agli effettivi fabbisogni di genere del mondo agricolo, riducendo la presenza delle donne in agricoltura ad una mera questione di principio di pari opportunità, più formale che sostanziale. E questo risulta incomprensibile in un momento storico in cui il lavoro femminile non rappresenta più un’appendice della missione di moglie e di madre, da svolgere in anonimato, ma piuttosto uno spazio dove esprimere – e veder riconosciute - le proprie capacità ed aspirazioni lavorative.
Riferimenti bibliografici
C. Zumpano, I numeri delle donne in agricoltura, Relazione presentata nell’ambito dell’iniziativa “L’agricoltura delle donne per una nuova idea di crescita”, organizzata dalla Fondazione Nilde Iotti a Roma l’11 aprile 2013
C. Zumpano, La dimensione femminile dell’impiego agricolo italiano: percorsi differenziati, in M.C. Macrì (a cura di), Il capitale umano in agricoltura, INEA, supplemento al n. 20 di Agrisole del 17 maggio 2013.