Tra le prime a battersi per i diritti delle donne, per la qualità di un'istruzione che le togliesse dal ruolo di “bambole da salotto”, e per una piena cittadinanza politica
Ernestine L. Rose fu tra le pioniere del movimento suffragista americano. Con sorprendente modernità, immigrata prima e conferenziera politica poi, viaggiatrice instancabile per la causa della libertà, dei diritti umani, della riforma sociale e della parità di genere, le vicende della sua vita ci portano dalla Polonia, alla Germania, all’Inghilterra, fino agli Stati Uniti, per approdare di nuovo in Inghilterra alla fine di una lunghissima carriera di attivista, dandoci modo di ripercorrere tutte le tappe e tutti i temi che nell’Ottocento caratterizzarono la lunga lotta per i diritti delle donne. Un secolo in cui grazie all’impegno di molte donne e alla determinazione con cui hanno presidiato il dibattito pubblico, nel 1920 viene finalmente riconosciuto il diritto di voto alle donne con l’approvazione del XIX° Emendamento della Costituzione americana.
Ernestine L. Rose, di cultura ebraica, nacque in Polonia nel 1810. Dimostrò fin da subito la sua forza di carattere ribellandosi al matrimonio combinato che il padre aveva stipulato a sua insaputa, impegnando la dote che le aveva lasciato in eredità la madre. Vinta la causa per recuperare il suo patrimonio, decise di abbandonare giovanissima, la casa paterna. Si recò a Berlino nel 1827 dove con molta probabilità, avvenne la sua formazione intellettuale e a quel periodo risale anche la sua decisione di rifiutare l’assimilazione alla religione cristiana dopo aver già abbandonato la fede ebraica. La scelta, coraggiosa per i tempi, dell’ateismo rende l’idea della sua forte personalità.
A partire dal 1830, si stabilì a Londra dove conobbe il riformatore e industriale gallese Robert Owen. “Da quel momento contribuirà a diffonderne gli ideali che promuovevano l’istruzione pubblica, la parità di diritti tra uomini e donne, la cooperazione sociale e, in generale, un’alternativa alla competizione fra classi, contro i mali della rivoluzione industriale”. Nel 1836, insieme al marito William, si recò negli Stati Uniti dove visse fino al 1869, continuando a sostenere gli esperimenti comunitari del socialismo utopistico.
Contemporaneamente agli impegni assunti nell’ambito del socialismo ispirato a Robert Owen, Ernestine entrò in contatto con i circoli newyorkesi del libero pensiero sostenendo le ragioni del laicismo, dell’anticlericalismo, della separazione tra chiesa e stato e iniziando, proprio in questo ambiente intellettuale a pronunciare i primi discorsi in pubblico, cosa ritenuta sconveniente se non addirittura scandalosa per una donna, secondo i canoni dell’epoca. Il suo convinto razionalismo la portò a impegnarsi nella formazione del movimento per i diritti delle donne che chiedevano la cittadinanza politica, coerentemente con quanto affermava la dichiarazione d’indipendenza americana, che proclamava l’uguaglianza democratica e il rispetto dei diritti. Conobbe Elizabeth Cady Stanton e Susan B. Anthony - fu quest’ultima a scrivere il XIX° Emendamento - e con loro strinse un’amicizia che durò tutta la vita. Iniziò a partecipare alle conferenze annuali della American equal rights association e successivamente della National women’s suffrage association.
La sua fama di oratrice crebbe sempre più: la sua capacità dialettica, l’ironia, il suo sarcasmo, la sua risposta pronta provocavano enormi applausi e risa o reazioni scomposte e fischi, o gli uni e gli altri, tra le centinaia di spettatori delle conferenze e i suoi discorsi furono pubblicati sulla stampa dell’epoca. Molti furono i suoi cavalli di battaglia: i diritti di proprietà delle donne sposate, la parità tra coniugi, il divorzio, la qualità dell’istruzione che togliesse le donne dal ruolo di “bambole da salotto” e consentisse loro di studiare e di accedere a tutte le professioni seguendo le proprie inclinazioni e la propria personalità, e il diritto di voto, obiettivo prioritario delle sue lotte.
Si impegnò nel movimento antischiavista tenendo conferenze ovunque e rischiando anche la pubblica denigrazione. Difese i patrioti europei nelle rivoluzioni del 1848, amò la Francia e l’Italia, fu interprete di quella visione che, non a caso, ebbe un carattere internazionale e riunì le donne in una sorta di rete mediatica ante litteram che portava avanti i principi dell’uguaglianza di genere sulla scorta dei principi democratici delle rivoluzioni americana e francese.
La storia delle donne come Rose, protagoniste in prima linea della conquista dei diritti civili, sociali, politici, dimostra quanto sia arduo mantenere e ampliare quelle conquiste. La conoscenza e la consapevolezza di questa lunga battaglia ci rende coscienti e consapevoli di quanto, ancora oggi, si celi dietro la violenza contro le donne che ha implicazioni culturali e politiche e segna un percorso storico ancora lungo da percorrere.