Pandemia, un'occasione per ripensare gli spazi urbani in base a una nuova gestione del tempo. L'analisi di Francesca Zajczyk a partire dalla proposta della città di Milano

Saperi
"L’analisi sociologica ha ricevuto, soprattutto negli anni novanta e primi anni del secolo in corso uno speciale impulso, sia sul piano della formulazione teorica, quanto su quello delle pratiche di ricerca e delle politiche" scrivevo nel 2007 in Tempi di vita e orari della città.
La capacità della dimensione temporale di portare alla luce la complessità dell’esperienza di vita quotidiana, di dare trasparenza alle differenze di genere, di fare luce sui nessi tra ambiti micro e macro-sociologici, tra individuo e società è certamente alla base di questo interesse accresciuto tanto dal massiccio ingresso delle tecnologie in tutti gli ambiti della vita sociale, quanto dalle forti trasformazioni nella struttura, nei modi e nei tempi del lavoro retribuito. Tutti aspetti che hanno reso trasparente il dato secondo cui l’organizzazione del tempo non è data ma si struttura per regole e consuetudini che hanno una natura convenzionale. In particolare la relazione tra la variabile temporale e l’individuo diventa la modalità per interpretare tre dimensioni oggi strettamente connesse al tema della qualità della vita e degli stili di vita, nonché del rapporto spazio-temporale: la mobilità territoriale, le reti sociali e la competenza tecnologica. La reciproca influenza di queste dimensioni rende evidente la chiara vocazione pervasiva delle politiche temporali in cui il tempo costituisce insieme una risorsa e un vincolo.
Le politiche dei tempi rappresentano, in altre parole, il tentativo di affrontare i problemi derivanti dalla percezione di riduzione/perdita della risorsa 'tempo'. Alla base di queste politiche vi è l’idea che l’amministrazione pubblica possa intervenire attivamente per consentire ai cittadini, ma soprattutto alle cittadine, una più equilibrata fruizione del loro tempo personale, migliorando così l’allocazione di questa risorsa anche da un punto di vista sociale.
In particolare, si indica quell’insieme di azioni mirate a migliorare la qualità della vita dei cittadini e la qualità urbana, attraverso la progettazione e la realizzazione di interventi sui tempi e gli orari della città: per una migliore conciliazione dei tempi famigliari, dei tempi di lavoro e dei tempi per sé nonché per un miglior uso spaziale e temporale della città.
Problemi
Il Covid19, e soprattutto il primo provvedimento preso per contrastarlo, hanno prodotto l’immagine di città vuote, immobili e silenziose, in cui il tempo si è fermato e ha fermato la vita stessa.
Il lockdown ha annullato la diversificazione dei tempi della vita quotidiana e dell’uso dello spazio urbano: il tempo è diventato forzatamente privato, ma in molti casi frammentato entro le mura dell’abitazione. Un tempo che ha accentuato l’isolamento e il senso di solitudine per molte persone sole, soprattutto anziane; ha privato i bambini e i ragazzi della possibilità di continuare a usufruire del diritto all’istruzione e della esperienza della relazione sociale; ha tolto, infine, a molti adulti la possibilità – voluta o meno – di poter continuare a lavorare recandosi collettivamente sul posto di lavoro.
E se l’immagine esterna delle città (ricordiamo i primi video della città di Wuhan?) ha restituito il più delle volte uno scenario di straniamento, di desolazione e quasi di fine del mondo, è in realtà sui tempi delle persone rinchiuse nelle abitazioni che si sono prodotte le maggiori ricadute e criticità. Criticità molte e tanto più difficili da gestire, quanto più l’ambiente chiuso era piccolo e con spazi limitati. Spazi entro i quali si doveva essere capaci di ritagliarsi del tempo per sé, ma convivere con bambini privati del loro tempo di svago e gioco all’aperto. Ma anche spazi e tempi da dedicare alla didattica a distanza e al lavoro da casa.
E se non vogliamo in questa sede occuparci del tema della didattica a distanza, che rimanda a tematiche che non riguardano solo l’aspetto temporale, non possiamo non menzionare comunque le ricadute che le scuole chiuse hanno determinato sulla gestione del tempo da parte delle donne, non solo e non tanto quando la regola per tutti era #IoRestoaCasa, quanto piuttosto in questa primissima fase di ripresa. È di questo periodo, infatti, che la decisione di mantenere le scuole chiuse del tutto fino a settembre, ha obbligato spesso le donne a prolungare il tempo del lavoro a distanza: ne è derivata una difficile conciliazione tra tempo della cura dei figli, magari piccoli, tempo per controllare ed aiutare quelli più grandi che devono relazionarsi con le insegnanti a distanza e tempo del dovere dettato dal lavoro, che, pur essendo a distanza, rimane fortemente controllato dal datore di lavoro, magari in una situazione di obbligata necessità data dal dover condividere un qualche tipo di dispositivo tecnologico. Un gioco di equilibrio e di equilibrismi alquanto stressanti se a questo si aggiunge la persistente e iniqua divisione dei ruoli maschili e femminili nelle attività domestiche.
Proposte
È bene ricordare che di “politiche dei tempi” si parlava già intorno agli anni novanta.
Fu una fase ricca di sperimentazioni e innovazioni amministrative in cui Milano rappresentò la città leader, essendo stata la prima città in Italia e in Europa ad elaborare un Piano dei tempi e degli orari, ancora oggi punto di riferimento, che lanciò i primi slogan sul rapporto tra tempi e città e che, utopistici allora, divennero lentamente, ma anche sempre più velocemente, realtà. Ne ricordiamo due, particolarmente attuali: “una città sempre aperta (24h su 24)”, che presupponeva la liberalizzazione degli orari del commercio, e “muovere le carte e non le persone”, attraverso un ricorso sempre più pervasivo alla tecnologia.
Ed è questo che Milano è/era diventata: una città frenetica, isterica, dai ritmi sempre più accelerati. Ma è anche la città, che l’esigenza di introdurre misure di difesa sanitaria dal Covid19, ha messo improvvisamente e radicalmente in crisi. Quella che, forse, era una semplice intuizione, è diventata una necessità. Il “tempo” da tutti considerato un dato certo, mai messo in discussione, è diventato un bene prezioso, di qualità; attraverso ritmi nuovi per una nuova vivibilità urbana.
Perché questo accada, però, la città deve cambiare pelle, deve cambiare pensiero e soprattutto ritmi.
Ed è proprio questa la prospettiva richiamata dal recente documento elaborato dal Comune di Milano, dal titolo evocativo: Milano 2020 – Strategia di adattamento, che ricorre a una frase evocativa: “Serve una (ri)organizzazionwe dei tempi della città, oggi che Milano cambia ritmo”. Dunque, un nuovo Piano territoriale degli orari, la cui specificità è la trasversalità della dimensione temporale, sia nelle vite degli individui, sia nell’organizzazione sociale dello spazio urbano. Un nuovo strumento di gestione della città attraverso l’organizzazione del tempo, dagli orari all’accessibilità.
Possiamo sintetizzare la ri-pianificazione temporale della città secondo tre grandi obiettivi.
Innanzitutto la diluizione della domanda di mobilità privata e pubblica nell’arco delle 24 ore della giornata, che si accompagna a un grande impulso alla ciclabilità e alla walkability (si veda per i dettagli il capitolo specifico del documento).
In secondo luogo una flessibilizzazione e desincronizzazione degli orari di inizio e fine delle attività dei servizi pubblici, soprattutto socio-educativi, di quelle del commercio, e delle attività ludiche e ricreative.
Infine, il tema della prossimità, concetto spazio-temporale che presuppone “tutto a 15 minuti di distanza”; una sorta di comunità-quartiere in cui è garantito l’accesso fisico di prossimità ai servizi pubblici, prima di tutto, ma non solo, favorendone anche la fruizione attraverso i servizi digitali.
Tre obiettivi guida, che aiutano a intravedere la visione del futuro, anche se va richiamata l’attenzione sulla fase in cui ci troviamo, che deve inevitabilmente tenere conto della necessità di procedere per piccoli passi non dimenticando mai il tema della sicurezza sanitaria.
Riferimenti
Zajczyk F., 2007, Tempi di vita e orari della città. La ricerca sociale e il governo urbano, FrancoAngeli, Milano.
Istat, 2014, Lavoro e conciliazione dei tempi di vita
Comune di Milano, Milano 2020 – Strategia di adattamento, Aprile 2020, Milano.
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