Politiche

L’estate di inGenere è ricca di pensieri su orizzonti femministi indirizzati alle ragazze che stanno vivendo il presente e alle donne che vivranno nel futuro. Li abbiamo chiamati "messaggi in bottiglia". In questo, Roberta Paoletti parla di diritti sessuali e riproduttivi

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Siate scomode
Credits Unsplash/Jéan Béller

Ciao,

da qualche mese si è concluso in Puglia il vertice del G7, una riunione di 7 Paesi che insieme compongono il 50% del PIL mondiale.

Chissà se questa informazione ti fa rizzare i peli come succede a me. Tra questi c’è l’Italia, il paese da dove scrivo.

Dal comunicato conclusivo di questa riunione è stata rimossa la menzione al diritto all’aborto. È stata l’Italia a chiedere e ottenere di toglierla, ponendo una discontinuità con le conclusioni del precedente vertice di Hiroshima di appena un anno prima.

Visto che è stata Giorgia Meloni – presidente del Consiglio dei Ministri in Italia – a richiedere la rimozione, anche se questo messaggio dovesse navigare per oceani, scelgo di scrivere in italiano. Spero mi capirai, o che ci sarà qualche intelligenza artificiale o amicale a farci da tramite.

Chi vuole abortire dunque non può farlo in sicurezza e chi vuole gestare non è supportata-ə in Italia, a meno che non si presenti con un uomo, garanzia del suo accesso alle tecnologie riproduttive.

Da qualche mese, sempre quest’anno, l’Ospedale Careggi di Firenze, un riferimento per le persone che si trovano in percorsi di affermazione di genere, è sotto attacco e le terapie per le persone che ne hanno fatto richiesta sono sospese mettendo queste stesse persone a rischio di vita.

Da ottobre del 2023 è iniziato un genocidio in Palestina, sono a oggi oltre 37mila le persone uccise, anche se i dati sono fermi, non si riesce più a contarle. A fronte di questo massacro, le soggettività Lgbtq+ sono chiamate a schierarsi con Israele, proprio in nome della tutela dei loro stessi diritti perché il Medioriente è l’unico paese che difende i diritti delle persone Lgbtq+. Diritti fondamentali, diritti alla vita, che in Occidente intanto vengono erosi uno a uno.  

In questo quadro, mi sento dolorante e offesa, perché in nome delle vite delle persone Lgbtq+ (vessate in Occidente) si autorizzano altre morti, e mi sento sottovalutata, come se si potesse ingannare così facilmente la mia intelligenza e mi si potesse raccontare che è davvero possibile costruire un benessere soggettivo e individuale.

È in questo quadro che pretendo di essere scomoda.

Mi definisco femminista e trans-femminista: femminista perché mi riconosco in una genealogia di subalternità delle donne creata dal sistema patriarcale e da chiunque lo alimenti ma anche di ribaltamento e affermazione che tante donne prima di me, e molte altre insieme a me, hanno operato e continuano a operare. 

Trans-femminista perché sento il bisogno di segnare un’alleanza, con tutte quelle soggettività che a partire dagli stessi presupposti patriarcali e da parte di tutte le persone che li alimentano, continuano a essere inondate da vessazioni: diritti umani violati, non certo (ma anche) scherni.

Vivo una politica femminista e trans-femminista delle relazioni.

A partire da questo posizionamento, vivo e scrivo.

Lo dico solo alla fine di questo messaggio, però. Non so in quale futuro arriverà questo messaggio, ma a qualunque futuro non ho nulla da insegnare su contenuti, alleanze e pratiche.

Quella che porto in questo messaggio è una fotografia di una scomodità e la consapevolezza che la storia non è lineare, che i diritti conquistati si perdono, che alcune lotte perdono senso e altre nascono portando cambiamenti.

L’unica cosa che mi auguro e che ti auguro è che tu ti senta scomoda. Se così non fosse, cerca le persone che dicono di esserlo, senti cosa hanno da dire. 

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