Politiche

Il Covid19 non colpisce tutti allo stesso modo, le persone povere e di colore si ammalano di più. Uno sguardo dal Brasile, dove la schiavitù è rimasta in piedi per 388 anni

Il virus non è democratico
Uno sguardo dal Brasile

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Foto: Unsplash/ João Ritter

Il virus ha raggiunto anche quelle società notoriamente caratterizzate da una maggiore diseguaglianza, come ad esempio la realtà latinoamericana. Da più parti si è affermato che l’epidemia rappresenterebbe una “livella”, in altre parole promuoverebbe l’uguaglianza nella misura in cui le persone, si presume, siano tutte vulnerabili allo stesso modo di fronte al virus.

Nulla di più sbagliato. In Brasile, come nella maggior parte dell’America Latina, il virus non è affatto democratico nell’accezione più ampia del termine: semplicemente perché le nostre società non sono democratiche. L’epidemia acuisce le nostre disuguaglianze a livello sociale. Inoltre, la nostra storia è inequivocabilmente imperniata sul concetto di esclusione. Qui da noi, una delle prime vittime del virus è stata una collaboratrice domestica che lo aveva contratto dai suoi datori di lavoro di ritorno dall’Italia.

E c’è un altro aspetto da considerare in riferimento alla disuguaglianza in Brasile: la questione razziale. Dall’esterno, potrebbe sembrare una problematica bislacca. Purtroppo, i fenotipi contano ancora in Brasile, un paese in cui la schiavitù è rimasta in piedi per 388 anni, al termine dei quali non è stato riconosciuto alcun indennizzo alla popolazione di colore. Quest’ultima mostra indici economico-sociali più bassi. Nascondere questo dato di fatto significa perpetuare la condizione di disuguaglianza che plasma la società brasiliana. Per quanto riguarda il Covid19, alcuni dati mostrano come in Brasile, tra le persone affette dal virus e ricoverate in ospedale, una su quattro sia di colore; tuttavia, gli stessi dati ci dicono che, tra le persone decedute a causa del Covid19, una su tre è di colore (sebbene a livello statistico esista un problema diffuso dovuto alla mancata effettuazione dei tamponi).

La popolazione di colore mostra indici più elevati di comorbilità; e per ragioni di ordine socio-economico, le persone di colore sono maggiormente vulnerabili al virus. Rappresentano una minoranza tra i cosiddetti “colletti bianchi”, che possono lavorare anche da casa, mentre costituiscono la gran parte dei lavoratori e delle lavoratrici in condizioni di povertà che operano all’interno dell’economia informale: costoro devono necessariamente uscire in strada per lavorare in quanto si stanno verificando ritardi nell’erogazione del reddito di base introdotto a seguito della situazione emergenziale.

Per quanto riguarda il mercato del lavoro, la popolazione di colore vanta una maggiore presenza nei seguenti settori: agricolo, delle costruzioni, dei trasporti, dell'housing, alimentare e dei servizi domestici (le donne di colore rappresentano il 60% della forza lavoro occupata nei servizi domestici). Tutti questi settori verranno presumibilmente interessati in maniera molto significativa dalla pandemia. La popolazione bianca costituisce la maggioranza della forza lavoro occupata nel settore pubblico e nel settore dell’informazione/della finanza, nei quali le condizioni di lavoro sono migliori.

Nelle favelas, il virus molto probabilmente si diffonderà in maniera estremamente rapida, dal momento che le condizioni abitative e igieniche sono alquanto precarie, e la maggioranza di coloro che ci vivono sono lavoratori e lavoratrici informali, più vulnerabili in tempo di crisi. Il 72% di coloro che abitano nelle favelas è di colore.

Per quanto riguarda coloro che non hanno fissa dimora – e che quindi vivono in strada, in condizioni di estrema vulnerabilità dal punto di vista sanitario, e senza alcuna possibilità di isolamento –, i dati disponibili disaggregati per razza sono scarsi. Sappiamo tuttavia che, nel 2014, il 72,8% dei bambini e delle bambine senzatetto era di colore e, nel 2008, le persone di colore costituivano il 67% della popolazione senza fissa dimora. Per quanto concerne il sistema carcerario, sul quale il virus avrà un impatto presumibilmente molto forte, il 61,7% delle persone detenute è di colore.

Le politiche sociali che avrebbero potuto fornire una qualche forma di sostegno a questa fetta della popolazione hanno una scarsa copertura finanziaria a seguito delle misure di austerità adottate nel paese. Pertanto, il Brasile si trova di fronte all’emergenza coronavirus con meno strumenti per combatterne i molteplici aspetti.

Intanto, la pandemia inasprisce anche le disuguaglianze e i conflitti, soprattutto in Brasile, dove la schiavitù è rimasta in piedi per 388 anni e in cui l’esclusione è continuata molto più a lungo. La pandemia non è “democratica” perché non siamo un paese democratico.

Riferimenti

Carta Capital (2020) Auxílio emergencial negado: cidadãos reclamam de demora em análise do benefício

Folha de São Paulo (2020) Entre casos identificados, covid-19 se mostra mais mortífera entre negros no Brasil, apontam dados

IBGE (2019) Síntese de Indicadores Sociais

Ministério da Saúde (2014) Saúde da população em situação de rua: um direito humano

Sasse, Cíntia; Oliveira, Nelson (2019) Invisível nas estatísticas, população de rua demanda políticas públicas integradas

Vírgula (2014) Novo livro revela que 72% dos que moram em favelas são negros; 95% se dizem felizes, Em sex., 24 de abr. de 2020 às 07:11