Foto: Unsplash/Juno Jo

La disinformazione che assilla le donne

Linguaggi
3 min lettura

Meme, fake news, insulti sessisti, violenza verbale. La disinformazione che corre sulle piattaforme digitali sta peggiorando la vita delle donne, ostacolando la loro partecipazione al dibattito pubblico, indebolendo i loro diritti e la democrazia a livello globale. A sostenerlo è una nuova ricerca che arriva dagli Stati Uniti, intitolata Monetizing misogyny: gendered disinformation and the undermining of women's rights and democracy globally, e realizzata da #ShePersisted, iniziativa di respiro internazionale che affronta la disinformazione di genere e gli attacchi online contro le donne in politica attraverso la ricerca, il sostegno alle donne leader e l'advocacy.

Si tratta della "prima ricerca di questa ampiezza e portata che esamina specificamente gli attacchi contro le donne in politica in vari paesi, e ci abbiamo lavorato negli ultimi due anni, collaborando con oltre 50 straordinarie donne leader ed esperte in più paesi per raccogliere e analizzare prove della disinformazione di genere e del suo impatto" racconta l'autrice, Lucina Di Meco, esperta di gender equality e diritti delle donne, tra le fondatrici di #ShePersisted, e che nel 2020 la piattaforma Apolitical ha selezionato tra le 100 most influential people in gender policy

La ricerca ha coinvolto cinque paesi – Brasile, Italia, Ungheria, Tunisia e India – mostrando come i social media vengano usati come armi non solo contro le donne ma contro chiunque sostenga i loro diritti e la democrazia, fornendo allo stesso tempo una perfetta macchina di propaganda agli attori autoritari e illiberali.

"Sempre più donne stanno rinunciando alla partecipazione politica a causa dell'odio, degli abusi e della disinformazione online che le prendono di mira" commenta Di Meco, che nella ricerca mette in evidenza soprattutto come la disinformazione di genere, unita agli abusi e alla violenza online, è un problema pervasivo affrontato dalle donne in politica in tutto il mondo e rappresenta un ostacolo molto significativo alla loro partecipazione politica e alla libertà di espressione.

"In modo inquietante, abbiamo constatato che gli attacchi online più feroci prendono di mira non solo le donne in politica, ma anche le loro famiglie, con minacce di stupro contro i loro bambini piccoli, un fenomeno sempre più comune".

Esiste una forte connessione tra le campagne di disinformazione di genere, gli sforzi per portare indietro i diritti delle donne e l'indebolimento della democrazia, spiega Di Meco. "Ovunque, i bersagli principali della disinformazione di genere sono le donne che si oppongono ai leader politici degli uomini forti e coloro che si pronunciano a favore dei diritti delle donne e dei diritti umani, in particolare quelli dei rifugiati, degli immigrati e delle minoranze etniche, religiose o sessuali".

Sessismo e razzismo si rinforzano a vicenda trovando conforto e legittimazione nell'odio online e la disinformazione di genere, fa notare la ricerca, non mette a repentaglio soltanto la sicurezza delle persone, ma può anche rappresentare una minaccia per la sicurezza nazionale. Come è accaduto per l'Italia, dove dopo l'invasione russa dell'Ucraina la ricerca ha individuato che gli account più impegnati nel diffondere l'odio contro alcune donne progressiste in politica erano anche tra i più attivi diffusori di propaganda pro-Putin. Un fenomeno che non sorprende, commenta Di Meco, e che in modo simile si era verificato in corrispondenza delle elezioni tedesche.

Il risultato più interessante, e forse l'unico su cui si può intervenire subito, è che i social media hanno fallito nel proteggere le persone che li usano e hanno fatto dell'odio online un modello di business. Sebbene non esista una soluzione miracolosa per affrontare la disinformazione di genere, spiega infatti Di Meco "esistono politiche e pratiche che possono supportarci nell'affrontare questo problema ed è necessaria una ricerca approfondita e mirata per testarle e perfezionarle". 

Leggi tutta la ricerca

Leggi anche

Violenza digitale, il dossier a cura di inGenere