I consultori familiari istituiti nel 1975 sono oggi spesso scarsamente finanziati e sotto organico, con forti differenze regionali. Non è un caso se l'Italia è agli ultimi posti delle classifiche europee per la tutela della salute e dei diritti sessuali e riproduttivi
Allo stato attuale, i servizi che dovrebbero garantire la salute delle donne e i diritti sessuali e riproduttivi in Italia hanno numerosi limiti. Lo conferma il Barometro Europeo per il monitoraggio dell’accesso delle donne alla contraccezione avanzata.
L’Italia è agli ultimi posti nella classifica 2015 dei paesi considerati dal Barometro, e questa è la conseguenza di una mancata strategia nazionale per assicurare la diffusione di informazioni e di servizi di qualità.[1] La Figura 1 mostra l’Italia nell’ultimo terzo della distribuzione dei paesi considerando la media tra gli indicatori, con un punteggio del 22.4%, notevolmente inferiore anche rispetto agli altri stati del sud Europa.
Figura 1. Classifica dei paesi considerando tutti gli indicatori di policy
Fonte: Barometer of Women’s Access to Modern Contraceptive Choice 2015
Tra gli indicatori considerati dal Barometro c'è l’offerta di counselling individualizzato e di servizi di qualità. In Italia, i consultori familiari sono stati istituiti nel 1975 (Legge 405) proprio con questo compito e con l’obiettivo di supportare la “procreazione responsabile” attraverso l’informazione sui metodi contraccettivi e la tutela della salute delle donne e dei loro figli.
Nel 1978, la Legge 194 ha depenalizzato e disciplinato l’interruzione volontaria di gravidanza, conferendo ai consultori familiari un ruolo di primo piano nella diffusione di informazioni sulla salute sessuale e nel supporto e assistenza per le donne che voglio esercitare il proprio diritto ad abortire.
I consultori familiari avrebbero dovuto essere il più vicino servizio a bassa soglia di accesso per ottenere informazioni di carattere generale ma anche un counselling individualizzato sui metodi contraccettivi. Invece oggi sono spesso scarsamente finanziati e sotto organico: nelle parole del Barometro: “gli operatori sanitari sono privi di un sostegno sufficiente da parte degli organismi pubblici nelle loro attività giornaliere per assicurare un’assistenza e una consulenza di qualità sulla salute e i diritti sessuali e riproduttivi”.
Di conseguenza, il counselling individuale è raro ed è ancor più raramente condotto da team interdisciplinari. Questo significa che i servizi offerti potrebbero non essere adeguati nel caso di utenti con bisogni molto specifici. Inoltre, pochi consultori familiari hanno un collegamento diretto con ospedali o servizi specializzati, e dunque non sempre le donne che ne avrebbero bisogno sono indirizzate agli specialisti. “Pochissimi consultori considerano l’intera gamma dei moderni contraccettivi disponibili quando forniscono la consulenza alle donne” si legge nella relazione del Barometro.
Infine, un aspetto cruciale riguarda l’accesso ai servizi sempre insufficienti, poiché i consultori familiari sono difficili da raggiungere fuori dai centri abitati più grandi.
L'accesso ai servizi che garantiscano la salute e i diritti sessuali e riproduttivi in Italia avviene in base a diseguaglianze territoriali. Infatti, l’offerta dei consultori familiari mostra differenze regionali molto marcate. In questo senso, la Relazione del Ministero della salute sulla attuazione della legge 194 è una fonte importante di informazione non solo sui tassi di abortività e sul numero di ginecologi obiettori, ma anche sull’offerta di consultori familiari a livello regionale.
La Figura 2 mostra il numero di consultori familiari per 10.000 donne in età fertile nelle diverse regioni. Nelle regioni del Nord-Est, in Lombardia e in Molise, sono disponibili sul territorio meno di un consultorio familiare ogni 10.000 donne tra i 15 e 49 anni. L’offerta è maggiore nelle regioni del Sud (dove ce ne sono in media da 1 a 2) e nelle altre regioni del Nord e del Centro (con una media da 2 a 3).
Figura 2: Numero di consultori familiari per 10.000 donne tra i 15 e i 49 anni d’età per regione, 2017
Fonte: Relazione del Ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/78), 2017 - Elaborazioni delle autrici
Questi numeri hanno a che fare direttamente con i vissuti delle donne e con la loro salute: vivere in un piccolo paese lontano dall’area metropolitana può significare dover viaggiare, anche per ore, per raggiungere il più vicino consultorio familiare per ottenere informazioni sui metodi contraccettivi o sulle opzioni e le procedure per l’interruzione volontaria di una gravidanza, o per avere contraccettivi gratuiti (nelle poche regioni in cui questo è possibile). Proviamo a immaginare quanto è difficile l’accesso al consultorio familiare per una donna che ha bisogno di counselling individuale o di un controllo medico specifico. Senza contare che la scarsità dell’offerta implica lunghe liste d’attesa.
Sarebbe ragionevole pensare di poter trarre qualche conclusione positiva mettendo questi dati in prospettiva storica, poiché la diffusione dei consultori familiari dovrebbe essere aumentata da quando questo servizio è stato istituito nel 1975.[2] Invece la Figura 3 mostra come la situazione non sia affatto migliorata nel tempo per molte regioni, specialmente nel Nord-Est e al Centro.
È certamente una buona notizia che per molte regioni del Sud l’offerta sia aumentata nel tempo, ma dobbiamo tenere bene a mente che stiamo parlando di una copertura estremamente ridotta, tra gli 1 e i 3 consultori per 10.000 donne in età fertile.
Figure 3: Numero di consultori familiari per 10.000 donne tra i 15 e i 49 anni d’età per regione, 1982-2017
Fonte: Relazione del Ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/78), 1982-2017. Per gli anni non riportati in figura i dati sono mancanti per la maggior parte delle regioni - Elaborazioni delle autrici
Inoltre, la completa immobilità dell’offerta negli ultimi dieci anni è sconcertante, e ci ricorda quali siano le conseguenze dirette dei continui e massicci tagli al sistema sanitario pubblico.
I dati mostrano che l’Italia non è solo tra i fanalini di coda a livello europeo per quanto riguarda i servizi che garantiscano la salute e i diritti sessuali e riproduttivi, ma che esistono barriere strutturali per le persone più giovani all’esercizio di questi diritti a seconda di dove hanno avuto la fortuna o la sfortuna di nascere. Questo implica non solo una protezione differenziale contro i rischi per la salute, ma anche disuguaglianze nelle opportunità rafforzate dalle disuguaglianze regionali.
Riferimenti
IPPF European Network, Barometer of Women’s Access to Modern Contraceptive Choice
IPPF European Network, Barometro dell’accesso donne alle moderne scelte contraccettive in 16 Paesi della Comunità Europea. Risultati principali e raccomandazioni. ITALIA
Relazione del Ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza (Legge 194/78), anni 1980-2017.
Le autrici ringraziano Martin Gädecke alla Humboldt Universität zu Berlin per l’eccellente supporto nella sistematizzazione dei dati dalle Relazioni del Ministro della salute sulla attuazione della legge contenente norme per la tutela sociale della maternità e per l’interruzione volontaria di gravidanza.
Note
[1] Gli indicatori monitorati dalla classifica sono: scelte politiche e strategie di applicazione; sensibilizzazione generale attraverso campagne di informazione; educazione sessuale nelle scuole; istruzione e formazione degli operatori sanitari e dei fornitori di servizi; offerta di counselling e di servizi di qualità in merito alla salute e diritti sessuali e riproduttivi; esistenza di schemi di rimborso; prevenzione delle discriminazioni; emancipazione della donna attraverso l’accesso alle moderne scelte contraccettive.
[2] Le relazioni del Ministero sull’attuazione della Legge 194 compilate ogni anno dal 1979 riportano i dati sull’offerta dei consultori pubblici a partire dal 1982.