Le donne invecchiano in modo diverso dagli uomini, non solo perché donne e uomini sono fisicamente diversi, ma soprattutto perché più passano gli anni più si sommano le disuguaglianze di reddito, di patrimonio, di relazioni. Un'analisi a partire dai dati sullo stato civile
In generale, l’avanzare nel corso della vita porta a una “divergenza” dei percorsi individuali. Si nasce uguali, tendenzialmente, e via via si cumulano le differenze. Da vecchi si è più differenti che da giovani, nel reddito, nel patrimonio, nelle relazioni. C’è tuttavia un modo specifico di invecchiare per gli uomini e per le donne, su cui mi sembra che ancora non abbiamo cominciato a pensare.
Mi riferisco a una caratteristica “basica”: lo stato civile, l’essere o meno coniugata/o, ovvero vivere insieme con un coniuge. Un indicatore che potrebbe indicare – almeno fino a oggi poteva indicarlo – un ambiente di vita maggiormente “confortevole”, per il mutuo appoggio, economico e affettivo, che i due si offrono (non simmetrico, lo sappiamo, ma in prima approssimazione su questo squilibrio sorvoleremo).
Ho estratto dal sito Istat i dati al 1 gennaio 2019 per le età da 70 a 85 anni, vecchiaia certa, ma non ancora avanzatissima. Consapevole che, procedendo verso le generazioni più giovani, baby boomer e dintorni, l’essere “non coniugato” non necessariamente significa non convivere con un partner, in coabitazione o senza coabitazione (living apart together). Un ultimo caveat, i “coniugati” – avverte l’Istat – comprendono al proprio interno anche i separati, in quanto solo il divorzio li fa ritornare “non coniugati”.
La seconda colonna della tabella riportata di seguito indica la percentuale delle donne all’interno della popolazione di una determinata classe di età annuale. Questo dato è ampiamente conosciuto: le donne hanno un’aspettativa di vita più alta e diventano quindi una maggioranza sempre più consistente alle età più avanzate: dal 53% dei 70enni al 62% degli 85enni, fino a essere oltre il 90% dei centenari (che qui non abbiamo considerato).
Quanti di questi anziani sono (ancora) coniugati? La grande maggioranza degli uomini, anche a età abbastanza avanzate, “godono” del supporto coniugale: i coniugati sono il 71% fra gli uomini 85enni, con una diminuzione – relativamente contenuta – rispetto ai 70enni. Non così per le donne: le coniugate precipitano dall’essere 2/3 delle 70enni a rappresentare appena il 22% delle 85enni.
Coniugati e non coniugati dai 70 agli 85 anni, dati al 1 gennaio 2019
Fonte: Istat, elaborazione dell'autrice
Le cause di questa diversità, oltre alla maggiore longevità femminile, sono da addebitare alla differenza d’età fra uomini e donne al matrimonio (in media i mariti hanno 3 anni in più rispetto alle mogli), e ai secondi matrimoni dei vedovi risposati, che sono più numerosi rispetto ai secondi matrimoni delle vedove. Un indizio indiretto ce lo offre proprio l’Istat: nel 2018 i matrimoni in cui almeno uno dei due sposi ha 65 anni o più costituiscono ancora una quota residuale (anche se in aumento) del totale dei matrimoni: 3,4% quando è lo sposo ad avere più di 64 anni, 0,9% quando è la sposa. Matrimoni di uomini anziani che avvengono non di rado con donne molto più giovani. “Quando è lo sposo ad avere più di 64 anni la differenza media di età con la sposa è di 14 anni, a dispetto di una media di 3 anni quando consideriamo tutti gli sposi. Se invece è la sposa ad avere almeno 65 anni, si osserva una maggiore omogamia e lo sposo è frequentemente appartenente alla stessa classe d’età della donna”, dice sempre l’Istat.
Risultato finale, nell’ultima colonna a destra: quante donne “non coniugate” sono a fronte di ciascun uomo non coniugato della stessa classe di età? Si passa da 2,3 donne per ogni coetaneo 70enne a 4,3 per ogni 85enne. Insomma, mentre per un uomo è abbastanza ragionevole prevedere un futuro “in compagnia” anche nell’ultima parte della propria vita, non altrettanto avviene per le donne. Quindi, care ragazze, non date retta a quelle simpatiche trasmissioni televisive come Non ho l’età, che vi propongono fulgidi esempi di vegliardi e vegliarde che “ce l’hanno fatta”. I numeri non mentono: meglio prepararsi per tempo, anche con un po’ di creatività, per non trovarsi a fronteggiare un deserto economico e affettivo.
“La solitudine ha effetti devastanti sulla vita della persona anziana; infatti chi è solo muore prima, è a maggior rischio di malattie, in particolare aumenta del 30% il rischio di demenza”, avvertono i geriatri. Ma, come sappiamo, a volte si può essere molto soli nelle migliori famiglie, e godere invece di molti e profondi rapporti affettivi, dentro reti amicali e familiari. E in fin dei conti, che cos’è una famiglia?
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