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L’estate di inGenere è ricca di pensieri su orizzonti femministi indirizzati alle ragazze che stanno vivendo il presente e alle donne che vivranno nel futuro. Li abbiamo chiamati "messaggi in bottiglia". In questo, Marcella Corsi parla di maternità e desideri

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Maternità femministe
Credits Unsplash/Andriyko Podilnyk

L’Italia non è un paese per madri, ci dice l’amica Alessandra Minello, però, proprio per questo motivo, c’è un gran bisogno di madri femministe in questo paese. Non so se il mio racconto personale possa essere di esempio, ma nel mio essere madre ho davvero provato a essere me stessa fino in fondo, con pregi e difetti del mio portato femminista.

La mia storia di madre non è nata da un desiderio profondo di maternità, ma è stata sollecitata da un grande amore e da un compromesso di vita: "dai proviamoci, se ci riusciamo cambieremo il nostro modo di vivere’". Lui a Bruxelles, io a Roma: perché non tentare una vita insieme e coronarla con un figlio o una figlia? La gravidanza è stata quasi immediata, magica, facile, uno stato di grazia. La nascita di Agnese, nostra figlia, una vera metamorfosi ovidiana: io sono rinata con lei. I primi passi nella nostra nuova vita non sono stati semplici per nessuno di noi, ma poi abbiamo avuto la gioia dell’arrivo anche di Eugenio, il bambino più sorridente del mondo.  

E la sfida è iniziata: un maschio e una femmina con cui misurarsi nel mio essere femminista, due modi diversi di confrontarsi con pregiudizi, stereotipi, false credenze e dogmi assoluti. I corpi che cambiano in modo diverso, in tempi diversi; i primi amori, le prime delusioni, i primi successi e i tanti inevitabili insuccessi (da cui imparare). Io ho cercato di esserci sempre, ma anche di assicurare loro libertà di decisione e indipendenza. Non so se ci sono riuscita, ma ci ho provato davvero.  

E ora che sono adulti mi chiedo spesso: il femminismo come ha inciso nel mio essere madre? Una risposta non l’ho ancora trovata, ma alcuni libri mi hanno aiutata a declinarne i tratti, sebbene ancora in modo provvisorio.

In Madri (femministe) e figli (maschi) (a cura di Patrizia Romito e Caterina Greco, XL Edizioni, 2013) diciotto donne e dodici dei loro figli, adolescenti o adulti, raccontano la loro storia, riflettono sull'educazione data e ricevuta, e ne analizzano i ‘risultati’. Passione, tenerezza, ironia, collera, amarezza sono i sentimenti che emergono dalle testimonianze raccolte in Italia, Francia e Québec. Interviste che divertono, commuovono e fanno riflettere. 

Mi sono sentita vicina al racconto di Caroline quando scrive “guardandomi indietro, condividere la vita con un uomo che rispetto totalmente ha enormemente facilitato il mio compito. In questo modo, i miei ragazzi hanno sentito in me l’amore che provo per loro padre e quindi le mie critiche nei confronti degli uomini non hanno rappresentato per loro una minaccia” (p. 21). Ma anche a quello di Margherita quando ricorda le parole di Adrienne Rich “meno energie e forze sprecheremo, come donne, per fare dei nostri figli degli strumenti, i nostri rappresentanti in un sistema che ha cercato di schiacciarci, meno i nostri figli dovranno vivere sotto il peso delle vite non vissute delle loro madri” (p. 156).

In Mia madre femminista. Voci da una rivoluzione che continua (a cura di Marina Santini e Luciana Tavernini, Il Poligrafo, 2015) una madre decide invece di scrivere alla figlia una lettera per spiegare motivazioni, sentimenti e vicende che determinano il suo essere femminista. Si avvia così un dialogo, una scrittura che parte da sé e dalle esperienze di entrambe, aprendosi a esplorare i rapporti con altre e altri. 

Alle due voci, come in una partitura musicale, si intrecciano fotografie e narrazioni di chi ha vissuto conflitti e fatiche, scoperte e gioie di ritrovarsi in una dimensione nuova. L'incontro con il femminismo rappresenta una continua trasformazione della propria vita e del mondo, come emerge da questo racconto, che dalla metà degli anni Sessanta ci accompagna fino a oggi. 

La storia della madre è un po’ anche la mia storia, diventata femminista alla fine degli anni Settanta e madre alla fine dello scorso millennio. La storia di mia figlia è ancora tutta da scrivere, ma il nostro canto, tra alti e bassi, spero che non si fermerà mai.

Ho un unico grande rimpianto: non avere scritto una lettera a mia madre, femminista anche lei, più nei fatti che nelle parole. Orfana di padre, cresciuta da una donna, mia nonna, di forza straordinaria: entrambe operaie, entrambe testarde, indomite, non facili. Sono le mie radici, e anche quelle dei miei figli: perché il mio modo di essere madre dipende da come loro mi hanno cresciuta ed educata, nella libertà e nella cura del mondo, senza falsa retorica.  

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