Politiche

Una ricerca pubblicata dalla Bristol University Press, ci ricorda l'importanza di creare intersezioni e non solo di teorizzarle, a partire dall'analisi della condizione delle lavoratrici del settore domestico, a livello globale

Nel mercato della
cura globale

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Foto: Unsplash/Curology

Nello studio Global Domestic Workers. Intersectional inequalities and struggles for rights (Bristol University Press, 2021), le autrici Sabrina Marchetti, Daniela Cherubini e Giulia Garofalo indagano la condizione delle donne che lavorano, spesso in condizioni di marginalità sociale ed economica, sottoposte a svalutazione sociale, invisibilizzazione e precarietà.

Le protagoniste della ricerca sono donne che lavorano nella casa e per la casa, svolgendo mansioni in cui il confine con il lavoro di cura ed emotivo è troppo spesso sfumato. E sono donne che fanno questo lavoro in tutto il mondo, a ogni latitudine geografica. Stiamo parlando delle lavoratrici domestiche, che la ricerca studia seguendo il cosiddetto “processo C189” – ovvero le negoziazioni istituzionali e le mobilitazioni dal basso che hanno portato all’adozione della Convezione ILO 189 sul lavoro dignitoso per le lavoratrici e i lavoratori domestici del 2011 e alla connessa Raccomandazione 201 dello stesso anno. 

Nel libro le autrici ripercorrono le tappe della soggettivazione politica delle lavoratrici domestiche a livello globale a partire da un posizionamento esplicitamente femminista. E lo fanno nell’ambito del progetto di ricerca DomEQUAL: A Global Approach to Paid Domestic Work and Global Inequalities finanziato dallo European Research Council, sviluppando uno studio comparativo delle trasformazioni nelle condizioni di lavoro di queste lavoratrici in nove paesi diversamente posizionati sull’asse Nord-Sud globale – Brasile, Filippine, India, Taiwan, Colombia, Ecuador, Italia, Spagna, Germania – tutti interessati da forme diverse e intense di mobilitazioni e lotte nel settore del lavoro domestico che hanno portato, in alcuni casi, alla ratifica della Convenzione 189 e all’approvazione di normative nazionali in materia.

Le ricercatrici scelgono una metodologia di analisi complessa, combinando osservazione partecipante, interviste qualitative con interlocutrici e interlocutori chiave, analisi di policy, normativa e documenti elaborati nell’ambito delle mobilitazioni delle lavoratrici domestiche, nonché la mappatura dell’evoluzione delle categorie discorsive che hanno strutturato il processo di soggettivazione politica delle lavoratrici.

Ne emerge un lavoro approfondito ma accessibile anche a chi vi si approccia fuori dall’accademia, imperniato su quattro livelli di analisi.

In primo luogo, il focus è sul lavoro domestico in quanto lavoro: quali le sue principali caratteristiche e quali le leggi che regolano diritti e condizioni di lavoro. In secondo luogo, il lavoro domestico è analizzato come spazio di organizzazione politica: come si è creata l’identità collettiva di domestic worker, quali le mobilitazioni e le rivendicazioni.

In terzo luogo, si studia in che spazio si muovono queste mobilitazioni: quali gli attori coinvolti a supporto o in opposizione alle rivendicazioni delle lavoratrici. Infine, la ricerca prende in esame la cornice discorsiva utilizzata dalle lavoratrici: quali narrative vengono utilizzate per raccontare e ispirare la mobilitazione e come queste danno forma alle lotte stesse.

Queste lenti di analisi tengono insieme una prospettiva teorica globale ma anche un taglio locale sui nove paesi per indagare come il Processo 189 non possa in alcun modo essere interpretato come esclusivamente calato dall’alto per volontà istituzionale; ma come questo sarebbe stato piuttosto impossibile senza la presa di parola e l’occupazione dello spazio pubblico e discorsivo da parte delle lavoratrici domestiche.

Si tratta di un'analisi stratificata, difficilmente riassumibile nello spazio di un articolo, ma sono due gli aspetti dirimenti nel discorso politico e femminista contemporaneo. Il primo riguarda la necessità di "fare intersezionalità", un concetto che rischia di diventare un passe-partout, una categoria vuota e meramente formale, ma che in questa ricerca viene raccontato perché creato dalle lavoratrici con i propri corpi e con le lotte.

Le lavoratrici domestiche sono marginalizzate e socialmente oppresse da più punti di vista: quello del genere, della classe, dello status migratorio, della casta, dell’etnia, della nazionalità. La loro lotta non può, dunque, che essere intersezionale perché le loro vite lo sono al di là di quanto questa intersezionalità venga codificata esplicitamente. Oltre alle vite delle lavoratrici domestiche, anche le loro lotte sono strutturalmente intersezionali perché radicate al crocevia del femminismo, della lotta di classe, dell’anticapitalismo e della lotta sindacale, sfaldando la fissità che spesso assumono le lotte identitarie.

La lotta delle lavoratrici domestiche è una lotta anche femminista. Le autrici si posizionano chiaramente nell'indagine, esplicitando la loro appartenenza ai femminismi occidentali che tanto faticano a fare i conti con le contraddizioni che le donne lavoratrici su cui si concentra questa ricerca fanno saltare alla luce. Le lavoratrici domestiche e le loro lotte risignificano ed espandono categorie tradizionali elaborate dal femminismo – come quella di cura e lavoro riproduttivo – sfidandoci a tirare fuori il lavoro domestico dalle mura di casa per porlo al centro dello spazio pubblico, all’intersezione con le lotte sindacali e per la dignità del lavoro.

Nei paesi considerati dalla ricerca, raramente i gruppi femministi si sono spesi apertamente a supporto delle lavoratrici; di converso, i gruppi di lavoratrici esprimono di frequente riluttanza a definirsi femministi, pur – come nel caso dell’intersezionalità – facendo il femminismo da tramite per ognuna delle loro rivendicazioni.

Di sottofondo a questa complicata relazione, la consapevolezza che in molti contesti le femministe occidentali delegano il lavoro domestico ad altre donne – meccanismo questo che decostruisce sulle linee della classe e dell’etnia l’irrealistica unità e universalità della categoria “donna”. Una relazione complicata quella tra femminismo e lotte delle lavoratrici domestiche che ci richiede di andare oltre un’analisi superficiale delle parole chiave usate nelle mobilitazioni da queste articolate per comprendere come l’esistenza stessa di queste lotte stia risignificando in chiave intersezionale le categorie a cui siamo abituate e ci richieda di prendere posizione al loro fianco anche quando questo coincide con l'essere consapevoli e nominare il privilegio di cui godiamo.

Analisi a più livelli, Global Domestic Workers può costituire uno strumento imprescindibile per orientare la ricerca, il discorso politico e anche l’attivismo. Facendo, più che teorizzando, un femminismo intersezionale. 

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Sabrina Marchetti, Migration and domestic work, Springer, 2022