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Un'indagine condotta su più di 30 paesi racconta il potere delle donne nell'era dei social media

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Ne ha parlato il Time, il Voice of America. L'indagine si chiama #ShePersisted. Women, Politics and Power in the New Media World ed è firmata da una ricercatrice italiana, Lucina Di Meco, esperta di leadership e gender equality, attualmente global fellow al Wilson Center di Washington. Alla base dello studio: una rassegna di oltre cento pubblicazioni, l'analisi inedita tramite intelligenza artificiale della campagna del partito democratico per le presidenziali 2020 negli Stati Uniti e una raccolta di interviste a 88 donne provenienti da più di 30 paesi – tutte con esperienza ai vertici della politica, della società civile, del giornalismo e  delle tecnologie. "Solo il primo passo" ha spiegato Di Meco "di un progetto più ampio finalizzato a migliorare la leadership politica delle donne attraverso la promozione di buone pratiche e raccomandazioni, per un dibattito su democrazia e tecnologia che tenga davvero conto delle esigenze specifiche e delle sfide delle donne". L'abbiamo intervistata.

L'hai chiamata ShePersisted, bisogna essere ostinate per avere successo?
 

Per le donne che ambiscono a una carriera in politica assolutamente sì, vista la quantità di barriere che devono affrontare e superare, sia online che offline. Il nome ShePersisted in ogni caso si riferisce anche a un'azione intrapresa in parlamento dalla Senatrice Elizabeth Warren, in risposta a Mitch McConnell che cercava di silenziarla. Grazie alla sua persistenza, e attraverso i social, lei è riuscita a trasformare la vicenda a suo favore.

Dall'indagine emerge che i nuovi media sono già uno strumento imprescindibile per la carriera delle donne, a maggior ragione in paesi dove i mezzi di comunicazione tradizionali sono nelle mani di 'nuovi sovranismi', come sta accadendo nell’Europa dell’Est. Ma il prezzo da pagare sembra quello di un ambiente altamente tossico dal punto di vista di stereotipi e pressioni basate sul sesso. È così? Quali sono i dati più significativi che il lavoro di ricerca ha portato a galla?

È proprio così. Da un lato i social rappresentano un'enorme opportunità per le donne impegnate in politica, perché possono pubblicare le loro idee senza costi, o a costi molto bassi e, fino a un certo punto, avere sotto controllo i messaggi e le immagini di sé che vogliono proporre all'elettorato, senza dover passare attraverso i media che, spesso, ignorano e trivializzano le donne. Dall’altro lato, fenomeni come la violenza online, il revenge porn e le fake news rischiano di azzerare questi vantaggi e rappresentare un'ulteriore barriera per le donne che considerano una carriera in politica – ma hanno ragionevoli e fondati timori dell’impatto che una campagna elettorale può avere sulla loro reputazione e, in alcuni casi, sulla propria sicurezza fisica.

Lo studio include un'analisi – basata su intelligenza artificiale – della campagna delle primarie del partito democratico per le elezioni presidenziali che ci saranno nel 2020 negli Stati Uniti, e mostra come le candidate donne vengano spesso tenute lontane dai criteri di eleggibilità, perché coinvolte in discussioni che riguardano il loro carattere e la loro personalità più che i loro programmi politici, e attaccate più di frequente rispetto ai candidati uomini da troll, profili fake e robot addestrati all’aggressione. Sta accadendo anche in paesi diversi dagli Stati Uniti come l'Italia, l'Ucraina e l'India. Puoi farci qualche esempio?

Credo che Laura Boldrini rappresenti un esempio estremamente interessante. Da un lato, Boldrini è stata attaccata come forse nessun'altra politica italiana da armate di trolls e bots che cercavano di avvilire la sua immagine come legislatrice e di intimidirla, sulla base di minacce profondamente sessiste e radicate nella misoginia (vedi le minacce di strupro). Dall’altra, a seguito della sua decisione di denunciare ed esporre chi la attaccava, Boldrini è stata appoggiata da migliaia e migliaia di uomini e donne che hanno riconosciuto l’importanza di reagire contro argomenti e comportamenti di natura misogina, violenta e fondamentalmente fascista, di cui Boldrini era vittima, aumentandone visibilità e popolarità.

Genere, democrazia e tecnologia sono tre sfere sempre più interconnesse, nel bene e nel male. Esistono soluzioni e innovazioni percorribili per una leadership che sia davvero in grado di sostenere le ambizioni delle donne? Quali sono in questo senso le responsabilità di vecchi e nuovi media, e della politica?

Esistono moltissime soluzioni e tutti possono fare qualcosa. La mia ricerca è piena di raccomandazioni che vanno dalla promozione di educazione all’uso dei media nelle scuole, all’adozione di codici di comportamento nei partiti, agli investimenti su nuove tecnologie che rivelino e correggano pregiudizi di genere nelle informazioni disponibili in rete dando priorità alla lotta ai cybercrimes. 

C'e un uso 'migliore' che le donne potrebbero fare dei social media? 

La ricerca individua buone pratiche e consigli per un uso dei social che le donne attivamente impegnate in politica possono attuare immediatamente, per esempio: denunciare commenti e tweets sessisti, crearsi un network di supporter pronti ad appoggiarle, imparare a usare strumenti come #Think10, che aiutano a identificare il fattore di rischio e ad agire di conseguenza.

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