
Mentre bar, ristoranti e attività commerciali riaprono, le università dovranno continuare ancora per mesi le attività a distanza. Una decisione che non è stata presa bene da tutti. "Sembra inspiegabile che l’amministrazione pubblica, la quale dispone delle più ampie, profonde e diversificate competenze scientifiche e professionali, non si consideri in grado di elaborare un piano di rientro sicuro ed efficiente per le Università e praticamente solo per le Università, che di quel sapere sono la matrice e la culla" scrivono in una lettera indirizzata al ministro dell'Università e della ricerca docenti, ricercatrici, ricercatori e personale amministrativo di diversi atenei italiani.
"Ci sembra impossibile che si ritenga di non aver le forze per raggiungere l’obbiettivo di una didattica (ma anche di un’attività di ricerca) svolta in presenza per la stragrande maggioranza degli studenti. L’unica spiegazione che riusciamo a darci è che si stia diffondendo l’idea che l’obiettivo non valga lo sforzo. Invece, a nostro parere, l’obiettivo merita il più grande degli sforzi, e siamo sicuri che le università italiane hanno tutti i requisiti per vincere la battaglia".
La lettera, ancora aperta alle sottoscrizioni e inoltrata per conoscenza anche ai componenti della conferenza dei rettori (Crui), è soprattutto un appello a riconsiderare l'università come luogo strategico per la formazione della futura classe dirigente e come incubatore di innovazione e ricerca, e a ridimensionare il ruolo della didattica a distanza, così utile durante l'emergenza, spiegano i firmatari e le firmatarie dell'appello, ma rischiosa nel lungo termine per un modello di insegnamento che si nutre di reti e interazioni di gruppo più che sulla trasmissione di nozioni.