La tutela dell’infanzia oltre ogni retorica e alla prova dei fatti, a partire dall'ultimo rapporto dell'Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali

La tutela dell’infanzia è un tema che smuove sentimenti intensi e spinge spesso le persone a posizionarsi con più decisione. Non a caso, la cronaca e il dibattito politico hanno ormai l'abitudine di puntare i riflettori sull’infanzia per risvegliare l’attenzione pubblica. Che si tratti di rotte migratorie, o delle condizioni di vita a cui sono costrette le popolazioni negli scenari di guerra, gli eventi più drammatici vengono spesso narrati a partire dal punto di vista di bambine e bambini per farne cogliere l’urgenza ma anche per muovere emozioni e mobilitare nobili propositi.
Rimane però da capire quali misure nella pratica le istituzioni mettono in campo per tutelare i bambini e offrire loro le opportunità di cui necessitano per il loro sviluppo personale e sociale. I punti di vista da cui approcciare questo tema sono molteplici: questo articolo si sofferma su uno dei più vulnerabili gruppi di minori, quelli privi del supporto genitoriale e familiare. E lo fa a partire da un report appena pubblicato dall’Agenzia dell’Unione Europea per i Diritti Fondamentali (FRA) intitolato Guardianship systems for unaccompanied children in the European Union: developments since 2014.
Lo studio dell’agenzia fornisce una panoramica delle misure adottate dai 27 Stati membri dell'Unione europea, dalla Macedonia del Nord e dalla Serbia, per garantire che i minori privi di supporto familiare – inclusi i minori stranieri non accompagnati – siano tutelati nei paesi di residenza e che venga loro prontamente assegnato un tutor.
Da un punto di vista comparato sull’intera area Ue, emerge chiara l’esigenza di adottare un approccio uniforme agli strumenti di tutela: i termini “tutore” e “rappresentante legale” vengono usati in maniera diversa nei diversi paesi. Inoltre, i ruoli e le funzioni assegnate a queste figure cambiano sulla base dello status di residenza del minore, dal tipo di procedura (se si tratta, per esempio, di una persona richiedente asilo), dal luogo di residenza e dalle circostanze personali. È necessario aggiungere che più della metà degli stati considerati – compresa l’Italia per quanto riguarda soprattutto i minori stranieri non accompagnati – assegnano il ruolo di tutela alle autorità locali e, in particolare, ai servizi sociali del comune: questo comporta disparità evidenti nella qualità dei servizi di tutela sulla base del territorio di residenza del minore.
Il secondo elemento evidenziato dal rapporto riguarda l’indipendenza della figura del tutor che dev'essere in grado di prendere decisioni imparziali nell’interesse del minore: l’agenzia sottolinea che alle organizzazioni, istituzioni e persone fisiche non devono essere assegnate funzioni di tutela se gli interessi delle stesse confliggono con quelli dei minori. È questo il caso, per esempio, di tutor che lavorano per i centri di accoglienza che ospitano i minori.
Altri elementi messi in evidenza dal rapporto di FRA riguardano la nomina tempestiva dei tutor, la necessità di formazione di chi svolge funzioni di tutela, la necessità di garantire la tutela a tutti i minori che ne abbiano bisogno e non solo a quelli che fanno richiesta di asilo o sono vittime di sfruttamento, la promozione della partecipazione dei minori a tutte le decisioni che li riguardano e l’effettiva partecipazione del tutor a tutte le procedure e i passaggi cruciali della vita dei minori, compreso il delicato passaggio alla maggiore età che sancisce la fine della tutela legale.
Il rapporto di FRA è un prezioso strumento che raccoglie informazioni precise e dettagliate e da cui è possibile estrapolare una visione d’insieme del sistema della tutela esistente in Italia. In primo luogo, l’agenzia evidenzia il ruolo centrale svolto dell’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) in materia di tutela dei minori non accompagnati: soprattutto a seguito dell’approvazione della legge n.47/2017 – nota come “Legge Zampa”, dal cognome del suo proponente, e che ha istituito e regolato la tutela volontaria – l’Agia svolge un ruolo non solo di monitoraggio ma anche di formazione delle persone che si candidano a diventare tutor volontarie. L’autorità, inoltre, opera una raccolta periodica di dati relativi all’effettiva implementazione di questo sistema di tutela, sia per quanto riguarda i corsi di formazione per tutor volontari erogati, sia per quanto riguarda le caratteristiche di chi si candida a tale ruolo, sia, infine, analizzando i provvedimenti di tutela adottati dai tribunali locali.
La stessa legge, inoltre, ha limitato il numero di minori per ogni tutor a un massimo di tre al fine di garantire una maggiore qualità del rapporto di tutela.
La tutela volontaria viene presentata dal rapporto di FRA come una buona pratica da diffondere a livello europeo e, allo stesso modo, viene presentata favorevolmente l’adozione della Carta etica del tutore volontario, promossa da Agia, dall’Associazione italiana dei magistrati per i minorenni e la famiglia (Aimmf) e dall’associazione Save the Children.
Il documento stabilisce i principi guida della tutela volontaria al fine di garantire che a guidare le scelte del tutor sia sempre il supremo interesse del minore.
Il rapporto dell’agenzia ricorda alle istituzioni e a tutte le persine che la tutela dei diritti, inclusi quelli dell'infanzia, non può essere solo un proclama, un argomento spendibile in sede pubblica per suscitare emozioni e sdegno. Una tutela effettiva dei diritti necessita di misure pratiche, di fondi, di sistemi efficienti di implementazione capillare sul territorio, di misure efficaci di contrasto alle discriminazioni e alle disuguaglianze nella vita quotidiana delle persone.
In altre parole, l'infanzia ha bisogno di un impegno politico serio, al di là di ogni retorica pubblica e mediatica. La legge italiana sulla tutela volontaria dei minori stranieri non accompagnati sembra essere un passo importante, anche se non ancora sufficiente, in questa direzione.