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Le donne si ammalano il doppio di depressione, ma geni e ormoni non sono gli unici responsabili. Le neuroscienze spiegano perché

Questo cervello che
non è "un" cervello

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Foto: Flickr/ DigitalRalph

Se non esistono "cervelli maschili" e "cervelli femminili", è vero però che le donne e gli uomini rispondono diversamente a patologie neurologiche e psichiatriche. In campo ci sono geni, ormoni e quel complesso groviglio di condizionamenti culturali e fattori legati agli stili di vita. Qualcosa che rende le neuroscienze un settore di ricerca particolarmente interessante per la medicina di genere: il cervello, "materia grigia" e sede simbolica dell'immaginario, diventa qui la manifestazione concreta di come un corpo sia allo stesso tempo programma biologico e costrutto sociale. Ne abbiamo parlato con Francesca Cirulli, neurobiologa, prima ricercatrice del Centro di riferimento per le scienze comportamentali e la salute mentale dell'Istituto Superiore di Sanità e President elect della European Brain and Behavior Society. 

Il programma europeo Horizon2020 ha fissato nuovi obiettivi che vedono un approccio attento al genere come parte integrante della qualità di un progetto di ricerca scientifica. In che modo una prospettiva di questo tipo può contribuire a una “medicina di genere”?

È ormai ampiamente riconosciuto che il genere ha importanti implicazioni in campo medico, sia per le donne che per gli uomini. Questa evidenza ha portato la comunità europea a inserire lo studio del "genere" come trasversale per tutta la ricerca scientifica, non solo quella biomedica. Più in dettaglio, mentre il termine "sesso" si riferisce a complemento cromosomico, organi riproduttivi o ormoni specifici relativi alla riproduzione sessuale, il termine "genere" si riferisce a norme socio-culturali, alle aspettative e alle pratiche attribuite a maschi e femmine. Elementi comportamentali legati al genere - come ad esempio la propensione delle donne a prendere più farmaci contemporaneamente rispetto agli uomini, e la loro maggiore probabilità di vedere i medici - svolgono un ruolo ben documentato nelle differenze sullo stato di salute che si riscontrano tra i sessi. Una medicina di genere si pone come obiettivo lo studio delle differenze biologiche e socioculturali tra uomini e donne per comprenderne l'influenza sulla salute e sulla malattia. Ad esempio, gli uomini e le donne con sindrome coronarica acuta spesso si presentano con dolore toracico, ma le loro descrizioni del dolore e dei sintomi associati possono essere diversi, il che dimostra le differenze di sesso nella fisiopatologia di questa sindrome e di genere nel riportarne i sintomi. Entrambe le variabili devono essere considerate negli studi di ricerca di base e nella pratica medica.

Nella sua ricerca si è occupata in particolare di come il sistema nervoso reagisce allo stress e di come questo possa rappresentare un fattore di rischio per la neurodegenerazione e per lo sviluppo di specifiche patologie psichiatriche, incluse le forme depressive e i disturbi dell’emotività. È una linea di ricerca affascinante proprio per il suo trovarsi al confine tra il biologico e il sociale. Può spiegarci perché tener conto di genere e sesso è così importante in questo tipo di ricerca?

In tutte le fasi della vita riscontriamo spiccate differenze sessuali che sono il risultato di fattori genetici, ambientali e ormonali che, a loro volta, influiscono sulla funzionalità dell'intero organismo portando, nei due sessi, anche a una differente vulnerabilità/resilienza all’insorgere di patologie non trasmissibili, quali le patologie psichiatriche. Le differenze nelle risposte allo stress emergono come risultato degli effetti di ormoni prodotti dalle gonadi ma anche dei geni presenti sui cromosomi sessuali. Lo stress può essere definito come ciascun cambiamento dell’organismo o dell’ambiente esterno capace di influenzare il nostro equilibrio fisiologico e metterci in allarme. Il nostro cervello svolge un ruolo fondamentale nel distinguere ciò che ci minaccia o è potenzialmente dannoso da ciò che è innocuo, innescando strategie individuali sesso-specifiche di risposta allo stress, fondamentali per mantenere una stabilità. Tuttavia, se lo stress diventa cronico può portare all'insorgenza di malattie, tra cui disturbi psichiatrici, o favorire cambiamenti rischiosi di stile di vita, pensiamo ad esempio al fumo o al bere alcool in maniera eccessiva, abitudini pericolose per la salute. Per quanto riguarda lo stress, ad esempio, sappiamo che bastano quindici minuti di esposizione a uno stimolo per far sì che si modifichi la parte terminale di alcune cellule nervose che si “restringono” in risposta agli ormoni dello stress in maniera diversa nei maschi e nelle femmine.

Tornando alle differenze tra uomini e donne nella vulnerabilità a patologie neurologiche e neuropsichiatriche, può farci qualche esempio?

La prevalenza, l'età di esordio e la sintomatologia di molte condizioni neuropsichiatriche differiscono tra maschi e femmine. L’interazione tra il sistema neuroendocrino e gli ormoni sessuali sembrerebbe uno dei meccanismi neurobiologici alla base delle differenze nella suscettibilità alla patologia mentale riscontrate tra sessi. Le donne, ad esempio, sono colpite dalla patologia depressiva in misura doppia rispetto agli uomini. La ragione di questa disparità non è stata ancora chiarita ma essa certamente dipende anche dall’interazione tra fattori ambientali e fluttuazione dinamica degli ormoni sessuali, sia durante le fasi prenatali che adolescenziali e nell’età matura. Abbiamo poi una netta differenza di genere nell’autismo, dove i maschi sono più rappresentati delle femmine, anche se non si conoscono ancora le ragioni. In generale, sappiamo che eventi stressanti o esperienze traumatiche possono modificare lo sviluppo del cervello in periodi critici, in cui avvengono anche importanti modifiche nella produzione di ormoni sessuali, predisponendolo alla patologia. L’identificazione di fattori di rischio individuali mediati dal sesso può sicuramente portare a implementare nuovi interventi strategici - farmacologici, comportamentali e sociali - mirati a prevenire o fronteggiare il problema della patologia mentale.

E come incidono gli ormoni sul funzionamento del sistema nervoso? 

Da un punto di vista meccanicistico, le evidenze scientifiche dimostrano effetti importanti degli ormoni sessuali che caratterizzano la fisiologia femminile (estrogeni) sulla produzione di una proteina, il Brain derived neurotrophic factor (Bdnf), “cugino” del più famoso Nerve growth factor, che è responsabile di mantenere le cellule del nostro cervello in “buona salute”. Questa stessa proteina diminuisce in risposta a stimoli stressanti, cosa che in parte spiega perché lo stress è in grado di facilitare l’insorgenza della patologia depressiva. Se i livelli della proteina Bdnf diminuiscono, questo mina la funzionalità delle cellule nervose. Gli estrogeni possono aumentare la produzione di questa proteina, cosa che ci induce a ipotizzare una interazione significativa tra modifiche negli ormoni sessuali, fluttuazioni nei livelli di Bdnf e suscettibilità alla patologia depressiva soprattutto nel sesso femminile. Un’importante differenza tra donne e uomini adulti nei livelli di Bdnf avviene in relazione al ciclo mestruale: i livelli ormonali sono aumentati nella fase follicolare del ciclo mestruale, cosa che non accade ovviamente nei maschi, dove tali livelli sono relativamente più costanti. 

In un intervento all’Istituto superiore di sanità ha citato un articolo uscito su Science a settembre 2016 intitolato His brain, her brain, in cui si dava conto delle ultime ricerche sulle differenze neurologiche tra uomini e donne anche con l’ausilio delle tecnologie più innovative a livello di ingegneria medica, come i macchinari più avanzati per la risonanza magnetica. Cosa emerge da queste ricerche?

Per comprendere le cause e le conseguenze delle differenze di sesso, è importante stabilire dove esse si verifichino nel cervello umano. Se guardiamo alle differenze di sesso tipiche che riguardano il volume globale e la densità del cervello, i maschi, in media, hanno il volume del cervello totale più grande delle femmine. Sono state riscontrate differenze di sesso in volume e densità in diverse regioni cerebrali quali l'amigdala, l'ippocampo e l’insula, zone notoriamente implicate in condizioni neuropsichiatriche che sono caratterizzate da una differente suscettibilità nei due sessi. Recentemente la professoressa Daphna Joel, dell’Università di Tel Aviv, ha tuttavia cercato di superare questa concezione dicotomica, ponendosi anche in parziale contrasto con la nozione comune che esistano un cervello femminile e un cervello maschile. Attraverso i suoi studi di analisi di immagini cerebrali ottenute con le più moderne tecniche, ha dimostrato che il nostro cervello è in realtà un mosaico unico di caratteristiche maschili e femminili e che, in media, tutte le aree cerebrali sono “un po' maschio” e “un po' femmina”. Immaginiamo come queste differenze si sono formate: con ogni esperienza, alcune funzioni cerebrali cambiano, dando vita a combinazioni uniche di forme. Non un "cervello maschile", o un "cervello femminile", ma uno spostamento a "mosaico" di funzioni, alcune più comuni nelle femmine rispetto ai maschi, altre più comuni nei maschi rispetto alle femmine, altre ancora egualmente presenti nei due sessi.

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