
Più le donne sono brave all'università più hanno difficoltà a trovare lavoro, dice uno studio comparso sull'American Sociological Review a firma di Natasha Quadlin, sociologa della Ohio State University. L'articolo, che su Twitter si è aggiudicato il titolo di "paper più deprimente del 2018" da parte dell'economista svedese Johanna Rickne, divulga i risultati di un'indagine condotta negli Stati Uniti sui processi di selezione a partire dall'analisi di oltre duemila domande di lavoro e da una serie di interviste condotte su circa 260 responsabili delle selezioni.
Dall'indagine di Quadlin emerge che le donne che hanno avuto voti più alti all'università, soprattutto se laureate in matematica, tendono a essere scartate in sede di colloquio di lavoro, e che i colleghi altamente qualificati hanno il doppio o il triplo delle possibilità di essere richiamati per un colloquio, a seconda della specializzazione, rispetto alle colleghe.
Inoltre, stando ai risultati delle interviste, i responsabili delle selezioni tenderebbero a scegliere le candidate soprattutto in base alla disponibilità del loro carattere, giudicando con sospetto quelle molto preparate. Mentre, per i candidati maschi, sarebbero spesso disposti a tralasciare persino carenze nel curriculum facendo leva sul fatto che "anche se all'università non sono stati brillanti sapranno sicuramente come cavarsela in un ambiente di lavoro".
Lo studio non fa che confermare quanto ancora complesso e radicato sia l'insieme di stereotipi e pregiudizi che penalizzano le donne nel mercato del lavoro e nella società, a tal punto da scoraggiarle ad ottenere buoni risultati.