Politiche

L'inversione sul diritto all'aborto porta il segno di un cambiamento politico di lunga data negli Stati Uniti, e traccia uno spartiacque nella storia dei diritti civili, non solo in America. Ne parliamo con la giurista Yasmine Ergas

L'aborto che sta
spaccando l'America

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Foto: Unsplash/ Houcine Ncib

La decisione della Corte Suprema di ribaltare la sentenza Roe vs Wade sul diritto all’aborto, stabilisce che l’aborto non è più un diritto che rientra sotto la copertura costituzionale ma deve essere demandato alle giurisdizioni dei singoli stati. Questo ha creato uno sciame di legislazioni, che di fatto, stando a una stima del New York Times, hanno proibito o fortemente limitato l’accesso all’aborto in 16 stati, con più di 30 milioni di donne che non hanno accesso all’interruzione di gravidanza. Ne parliamo con Yasmine Ergas, sociologa e giurista che dirige il programma su "Gender and Public Policy" alla School of International and Public Affairs della Columbia University.

Quali sono le coordinate che dobbiamo tenere a mente per interpretare correttamente il contesto politico in cui si inserisce la recente sentenza della Corte americana? 

La sentenza della Corte Suprema che rivede il diritto all’aborto negli Stati Uniti rappresenta il trionfo dell’ex presidente Trump che ha nominato tre giudici che poi hanno spostato l’asse culturale della corte, ma per capirne la portata va inquadrata in una prospettiva storica più ampia e va letta come un punto di arrivo della lunga marcia della destra conservatrice repubblicana alla conquista delle istituzioni giuridiche. Il rovesciamento della storica sentenza ‘Roe vs Wade’ del 1973, sancisce infatti una fase inedita di affermazione per un’America estremamente conservatrice, dove vince un’impostazione giuridica che si definisce “originalista” – ossia che si appella a diritti riconosciuti come tali alle origini della stessa America, escludendo dalla copertura costituzionale tutto ciò che non era esplicitamente considerato un diritto al momento di approvazione della  Carta del 1787 o dei suoi successivi emendamenti. Impostazione che non trova riscontro neanche nelle interpretazioni liberali del diritto costituzionale.

Questo cosa significa in termini più marcatamente politici?

La prima considerazione da fare è che non siamo di fronte a un culmine ma a un inizio: questa sentenza apre scenari preoccupanti anche per altri diritti come per esempio quello alla contraccezione, i diritti Lgbtqi+, la privacy. Per raccontare a grandi linee il contesto sociale e politico in cui arriva la sentenza bisogna dire che il ribaltamento della vecchia sentenza Roe vs Wade può essere letto come una reazione della destra più conservatrice all’avanzare delle istanze progressiste, ma il terreno più interessante non è quello tra fronti contrapposti, da un punto di vista politico c’è anche una partita importante che si sta giocando tutta dentro il partito repubblicano.

Il momento è particolarmente caldo per l’avvicinarsi delle elezioni?

Sicuramente. Ma, anche, per il lavoro che sta facendo la commissione di inchiesta sull’assalto a Capitol Hill del 6 gennaio 2021, data in cui i sostenitori di Trump hanno fatto irruzione nella sede del parlamento reclamando contro presunti brogli elettorali e rivendicando la vittoria di Trump. Il dato importante di contesto è la spaccatura che vede un fronte interno al partito repubblicano: per cui da una parte abbiamo Liz Cheney in rappresentanza della destra istituzionale e dall’altra un Trump che potremmo definire quasi insurrezionale o un teppista delle istituzioni. Liz Cheney ha infatti un ruolo centrale nella guida della commissione parlamentare di inchiesta contro Trump, e pare intenta a separare il partito repubblicano dall’ex presidente. Quindi politicamente uno dei temi riguarda come questa sentenza, che rappresenta una vittoria di Trump, agirà dentro il partito repubblicano.

E guardando a sinistra? 

Guardando a sinistra Biden ha perso moltissimo consenso e si avvicinano le elezioni di medio termine. Questo calo può essere dovuto a più motivi: inflazione, ritiro dall’Afghanistan, guerra in Ucraina, persistenza del Covid. Ora bisognerà vedere se riuscirà a usare questa sentenza come leva per catalizzare una risposta politica forte nell’elettorato pro-choice democratico. Per chiudere sul contesto bisogna sottolineare che il partito repubblicano non comprende tutta la destra e che la “linea dell’aborto” non separa nettamente destra e sinistra, eppure, nonostante la grande maggioranza dell’opinione pubblica sia a favore dell’aborto, si sta creando una crescente polarizzazione e uno scontro civico dai toni sempre più aspri.

Qual è la cornice giuridica in cui si inserisce la decisione della Corte Suprema?

La premessa è che stiamo parlando della decisione della Corte di rivedere la sentenza Roe che nel 1973 affermava che i diritti afferenti alla riservatezza e all’autodeterminazione delle donne non possono essere intaccati e sono difesi, fra l’altro, dal quattordicesimo emendamento della costituzione. Stiamo parlando quindi di un diritto che è stato sancito cinquanta anni fa. La giurisprudenza americana attribuisce un ruolo importante al principio di stare decisis, ovvero di rispetto delle decisioni precedenti della Corte, poiché tali decisioni creerebbero un reliance interest, portando le persone a organizzare le proprie vite contando sulla validità delle norme gà stabilite. Per questo motivo non è facile rivedere un diritto così consolidato come il diritto all’aborto e assumono un grande interesse giuridico e politico le motivazioni su cui si basa la decisione dell’attuale maggioranza della Corte di fare proprio questo.

E quali sono le argomentazioni che la decisione ha trovato a suo sostegno?

Per comprendere le motivazioni della Corte dobbiamo andare a vedere le argomentazioni di maggioranza e di dissenso. Le sentenze della Corte americana mostrano infatti le argomentazioni interne alla corte e riportano tutti i pareri dei giudici, sia il parere della maggioranza, che i pareri aderenti alla decisione di maggioranza ma che si rifanno a giustificazioni e percorsi giuridici differenti, che i pareri di dissenso. Questi pareri sono molto importanti per la cultura giuridica del paese: per esempio, i dissensi della giudice Ruth Bader Ginsburg sono stati importantissimi per l’avanzamento dei diritti delle donne anche se erano, per l’appunto, pareri di dissenso quindi di minoranza. In questo caso, la maggioranza sostiene che non c’è un diritto costituzionale all’aborto che tuteli le decisioni delle singole donne perché la costituzione non fornisce un’esplicita base per un tale diritto, e perché l’analisi storica non permette di presumere che tale diritto fosse dato per acquisito dagli estensori dell’emendamento sul quale – secondo Roe – tale diritto sarebbe fondato. Da notare che questa interpretazione della storia dell’aborto negli Stati Uniti è fortemente contestata da storici liberali. Non essendoci un chiaro dettato costituzionale, la maggioranza conclude che, essendo la questione dell’aborto tuttora fortemente controversa è da considerarsi una questione politica, e che pertanto deve essere rimandata ai legislatori. In questa sentenza, il rimando è esplicitamente alle legislature statali, anche se, fra i conservatori, c'è chi sostiene che il Congresso dovrebbe vietare l’aborto a livello federale.

Quindi la maggioranza pensa che il diritto all’aborto non sia mai esistito?

La maggioranza afferma che ci sono le condizioni per rivedere la sentenza Roe vs Wade e quindi andare contro il principio della reliance perché l’esistenza del diritto d’aborto non ha portato le donne a organizzare le loro vite di conseguenza e perché rispetto al 1973 (anno della sentenza) le loro condizioni di vita sono molto cambiate. E lo sono in due direzioni. La prima è che oggi dall’accesso alla contraccezione alla relativa facilità di dare figli non-desiderati in adozione, il ricorso all’aborto sarebbe meno necessario – su questo punto, e la sua implicita crudeltà, andrebbe fatto un ragionamento a sé. La seconda è che è cambiato anche il potere delle donne come è cambiata la loro partecipazione alla vita pubblica. La decisione della Corte di smantellare la sentenza Roe che vincolava il diritto all’aborto alla costituzione e di rimandare la decisione al popolo, e dunque ai governi dei singoli stati, viene presentata come scelta di rimandare anche alle donne la possibilità di decidere per sé stesse. Ma mi preme ricordare che questa argomentazione si scontra sul dato per cui la legislatura si basa sulla maggioranza, mentre i diritti civili sanciti dalla Costituzione garantiscono diritti di minoranze e individui. Il problema, qui, è la difesa del diritto delle singole donne di autodeterminarsi anche in un contesto in cui la maggioranza – ivi compresa, talvolta, la maggioranza delle donne – vorrebbe vincolare la loro libertà di scelta. 

Perché questa decisione traccia una discontinuità nella storia americana e funzionerà come uno spartiacque?

La maggioranza dice tre cose molto importanti per il presente e per il futuro delle istituzioni e della cultura giuridica americana rispetto all’aborto: lo stato ha un interesse estremamente importante nella vita del feto; la questione è molto controversa e deve essere decisa a livello legislativo; non c’è un diritto costituzionale direttamente legato all’aborto. Per sostenere queste scelte l’interpretazione che viene data della costituzione è detta “originalista”, vale a dire: i diritti non esplicitamente previsti nella costituzione, o non presenti al momento della ratifica sua e degli emendamenti, non possono essere ritenuti diritti. Le critiche a questo impianto mettono in luce come le donne non fossero per niente rappresentate tra i “padri costituzionalisti,” ma un ragionamento analogo si potrebbe fare anche, per altri versi, per altri soggetti – la popolazione nera, per esempio, oppure le “prime nazioni” oppure, ancora, persone dichiaratamente Lgbtqi. Chi ha scritto pareri dissenzienti in questo caso sostiene che non ha senso un’interpretazione originalista perché la costituzione è uno strumento di principio fatto e pensato per adattarsi ai tempi e poter evolvere e cambiare insieme alla società.

Le conquiste sociali e politiche delle donne vengono quindi usate come argomento contro la loro autodeterminazione?

Il punto politico è l’inscindibilità della donna dall’embrione, e vice versa, e la necessità di stabilire in che relazione sono il diritto all’aborto e l’autodeterminazione delle donne con un interesse generale nello sviluppo del feto. La sentenza Roe cercava di bilanciare il diritto delle donne con la loro integrità fisica e la loro autodeterminazione con il problema dell’interesse dello stato nella protezione di un feto che rappresenta una vita potenziale in divenire. I giudici che hanno espresso il loro dissenso dalla sua revisione insistono su quanto la specificità del diritto all’aborto risieda in questo bilanciamento necessario tra l’interesse della donna e la persona potenziale stabilendo dei limiti entro cui questo diritto è possibile. Uno degli argomenti di cui tenere conto per contestare la decisione della Corte è che la negazione dell’esistenza di un diritto all’interruzione di gravidanza comporta la legitimazione di ciò che il dissenso chiama forced childbirth, parto coatto. Dove questa coazione non solo è lesiva della dignità, dell’eguaglianza e dell’autodeterminazione delle donne, ma implica una serie di importanti rischi fisici: siamo in un paese in cui la salute materna è già messa a repentaglio in modo preoccupante, visto l’aumento di mortalità materna tra le popolazioni meno abbienti. È un paradosso, ma in nome del diritto alla vita del feto si può finire per mettere in discussione di fatto il diritto alla vita delle donne.

In questo caso viene messa pesantemente a repentaglio la salute delle donne oltre alla loro libertà di scelta.

Sì, se pensiamo che le interruzioni di gravidanza non riguardano solo i desideri riproduttivi ma bisogna ricordare che intervengono anche in casi di gravi malformazioni o malattie del feto, nella gestione di casi di stupro, abuso o incesto. Non c’è nessun’altra situazione giuridica che crei un’imparità così sostanziale tra uomini e donne. Infine, nel contestare una sentenza che usa le conquiste sociali e politiche delle donne per smantellare i loro diritti, c’è una distinzione fondamentale da fare tra il diritto della donna singola di decidere sul proprio corpo e il diritto delle donne come corpo collettivo di partecipare alla vita politica della nazione. Il secondo può imporre limiti al primo ma i due non sono identici, vanno tenuti disgiunti. Ma, soprattutto, i diritti di autodeterminazione delle persone vanno protetti da qualsiasi intervento arbitrario del governo. Certo, nessun diritto è assoluto. In questo caso, vanno bilanciati nei loro elementi di contrasto – es. il diritto della donna e l'interesse dello stato nella vita futura potenziale del feto – stabilendo i parametri chiari che rispettano la vita delle donne. Dobbiamo ricordare che i diritti costituzionali servono proprio a proteggere i singoli dagli eccessi delle maggioranze. 

Nell’opinione pubblica, soprattutto quella a favore della libertà di scelta delle donne, si evoca un immaginario da Handmaid’s Tale di uno stato patriarcale e conservatore che limita sempre di più la libertà delle donne. Cosa succederà secondo te nel prossimo futuro?

Guardando al prossimo futuro, questi cambiamenti sollevano preoccupazione a livello sociale. Nelle università, per esempio, c’è un allarme per le studentesse, non solo per la loro possibilità di interrompere una gravidanza non desiderata, ma anche rispetto all’accesso alla contraccezione. La risposta alla sentenza non si è fatta attendere: a livello federale si sta muovendo il governo, ma c’è una risposta anche da parte degli stati progressisti, da parte delle grandi imprese e della società civile che si stanno mobilitando per dare risposte concrete. Tra le azioni che stiamo vedendo a sostegno della libertà di scelta delle donne c’è la difesa dell’aborto attraverso l’accesso a quello farmacologico promossa da Biden a livello federale. Pare che si stiano formando coalizioni di stati in cui l’aborto è garantito per facilitare l’accesso alle donne degli stati in cui è proibito e per contrastare le leggi repressive e punitive degli stati che stanno vietando l’accesso all’aborto. Molte imprese si sono pronunciate come garanti del diritto all’aborto delle loro dipendenti attraverso i piani salute per le dipendenti ma rischiano, negli stati che proibiscono l’aborto, di incappare in sanzioni.   

Qual è il rischio più grande che questo scenario apre dentro e fuori dall’America dei nostri giorni?

Il capovolgimento della sentenza Roe vs Wade rischia di aprire un fronte di erosione di diritti: una reinterpretazione del quattordicesimo emendamento tanto restrittiva da negare che possano essere considerati costituzionali i diritti che non erano già previsti nel 1868 – quando è stato ratificato – diventa una minaccia per tutti quei diritti di più recente acquisizione che o non erano previsti o erano addirittura perseguitati a quell’epoca. Come, per esempio, la contraccezione o i diritti delle persone Lgbtq. Ma, se andiamo verso il riconoscimento giuridico dell’embrione ci saranno problemi anche per le tecniche di procreazione medicalmente assistita, per la ricerca scientifica, per l’assistenza medica alle donne incinte, ivi compresa – come già stiamo vedendo – chi soffre un’interruzione involontaria della gravidanza. Infine, sono molte le discussioni intorno alla privacy: il divieto radicale di abortire e di aiutare, anche minimamente, ad abortire porta a un incremento vertiginoso della sorveglianza, anche, ma non solo, digitale.  Non è’ un’esagerazione dire che in stati come il Texas o l’Idaho, in cui vige una legislazione estremamente repressiva che, peraltro, incentiva la cittadinanza ad informare su chi può avere ottenuto o aiutato qualcuno a ottenere un aborto, andiamo verso una società della delazione. Sul fronte di chi è a favore della proibizione dell’aborto abbiamo appena assistito a uno sciame di sentenze stati che probabilmente saranno seguite da azioni eclatanti ed esemplari, e sicuramente questa vittoria aprirà il passo a un’agenda sempre più repressiva e conservatrice. Ma vediamo anche una significativa contro-mobilitazione. Speriamo che riesca.

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